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Assad e il “popolo dei cartelloni rossi”

Sarà difficile che Bashar al Assad rispetti il cessate il fuoco scattato stamattina. Le motivazioni sono semplici. Subito dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco gli attivisti hanno invitato tutti a scendere in piazza, in modo pacifico, in tutto il paese. Non avere forze armate che reprimano le manifestazioni, come è stato fatto sino ad ora, significherebbe per molti siriani, che fino a questo momento hanno avuto timore, la possibilità di scendere in piazza in “sicurezza”. In questi ultimi giorni a Damasco ci sono stati degli episodi simbolici che ci dicono che anche nella capitale molto si sta muovendo.

Rima al Dali, studentessa all’università, si è presentata sotto il parlamento siriano con uno striscione rosso, con la scritta “Fermate le uccisioni in Siria. Vogliamo costruire uno stato per tutti i siriani”. Rima è stata arrestata e liberata dopo quarantotto ore. Ieri , sempre a Damasco, nel centro commerciale Sham City Center, alcuni ragazzi hanno fatto un “Flash Mob” sdraiandosi per terra e mostrando alcuni cartelloni rossi, con la stessa scritta dello striscioni di Rima. Nello stesso tempo sotto il Four Seasons Hotel è cominciata una manifestazione.

Non è certo la prima volta che a Damasco si manifesta. Ma quelli di ieri sono episodi che fanno presagire un cambiamento e un rafforzamento della coscienza, di ciò che sta accadendo all’interno del paese. Non a caso domani sarà intitolato “il venerdì di tutti i siriani” a simboleggiare la consapevolezza di unità nazionale e la voglia di dire ancora una volta che questa rivoluzione è fatta per tutto il popolo siriano, a prescindere da religione o etnia. C’è voglia di sconfiggere l’odio e il regime. Bashar al Assad non può permettersi di dare “tempo” all’opposizione di riorganizzarsi sul territorio, soprattutto dopo che ha riguadagnato le posizioni e ristabilito lo stato di diritto – a quanto dice un suo ministro-.

Bisogna attendere e vedere cosa accadrà nel paese nelle prossime 48 ore. La speranza è l’ultima a morire.