Almeno una 10-15 tonnellate di carburante sono state sversate in mar Grande, a Taranto, in corrispondenza del terzo sporgente del porto, da una nave battente bandiera panamense. Inizialmente l’incidente sembrava esser stato provocato da una falla che si è creata a bordo, ma la capitaneria di porto, dopo un’ispezione subacquea, ha detto che le cause dell’incidente potrebbero essere ricollegate ad una procedura sbagliata che ha fatto perdere al mercantile tra le 10 e le 15 tonnellate di combustibile. Ipotesi confermata anche dall’assessore regionale alla Sanità, Lorenzo Nicastro, secondo cui all’origine dell’incidente ci sarebbe stato un errore umano. Il danno, secondo Nicastro, “è contenuto, tutti sono intervenuti tempestivamente”, circoscrivendo l’area e recuperando il greggio finito in mare, dove si è formata una chiazza di circa 800 metri quadrati. Mezzi della Capitaneria di porto, con il supporto della società Ecotaras, hanno circoscritto la zona e iniziato le operazioni di bonifica. Presente anche personale dell’Arpa per le analisi del materiale sversato in mare. La nave è ormeggiata nel porto mercantile per operazioni di scarico di materiale destinato alla zona industriale.

“Lo sversamento di greggio è ancora in corso, fino a quando la sorgente non verrà bloccata la chiazza di petrolio che, mi dicono sia larga 800 mq, tenderà ad allargarsi”: è quanto detto dal direttore dell’Agenzia regionale Protezione Ambiente della Puglia, Giorgio Assennato, riferendosi a quanto accaduto nel mar Grande di Taranto. “Tutte le procedure di contenimento sono state attivate – ha sottolineato Assennato – La situazione è tenuta sotto osservazione dai tecnici dell’Arpa”. All’origine dello sversamento ci sarebbe lo scarico, forse per errore, dell’acqua di zavorra, che in questo caso era “contaminata”.

Nel frattempo, circa otto tonnellate di carburante (olio combustibile) sarebbero state sinora recuperate delle 20 circa finite in mare. La zona è delimitata: sono al lavoro equipaggi della Capitaneria di Porto e personale dei mezzi della società di ecologia Ecotaras, che ha sede proprio nell’area del porto mercantile. Utilizzate panne galleggianti per evitare che il carburante potesse ulteriormente propagarsi e macchine per aspirare il liquido combustibile in superficie. L’intervento – a quanto si apprende dalla capitaneria – è stato tempestivo e la zona è stata circoscritta grazie a barriere galleggianti. Per completare le operazioni di bonifica ci vorranno almeno 24 ore. La Capitaneria di Porto, inoltre, ha fatto sapere che “la situazione è sotto controllo dal punto di vista ambientale, anche se dovranno trascorrere diverse ore prima di giungere alla normalità”. Sarebbero meno di venti, infatti, le tonnellate di carburante finite in mare nella rada di Taranto a causa di una grossa falla apertasi nello scafo di un mercantile, diretto ai pontili dell’Ilva per imbarcare dei prodotti finiti quando, la scorsa notte, si è verificato l’incidente.

La Capitaneria di porto, intanto, ha avviato indagini per accertare le cause dell’incidente. I militari hanno anche ispezionato in immersione lo scafo della nave mercantile battente bandiera panamense dalla quale lo sversamento si sarebbe verificato. L’incidente è avvenuto nella notte ma solo in mattinata è stato evidente quanto era accaduto per una chiazza di circa 800 metri quadrati. A dare l’allarme alla Capitaneria di porto è stato l’equipaggio di un’altra unità navale che era ormeggiata nei pressi del mercantile, ormeggiato in Mar Grande in corrispondenza del terzo sporgente del porto.

Notizie positive, intanto, dalla Ecotaras: “Sono state già recuperate 15 tonnellate”, ma le operazioni di recupero sono ancora in corso, ha spiegato Cosimo Battista, ‘responsabile qualità’ della società, secondo cui “la situazione è sotto controllo, si tratta di un evento circoscritto e al momento non c’è rischio ambientale”. La East Castle, una portacontainer di 133 metri, costruita nel 1983 e con una stazza di 8mila tonnellate, si trova ancorata nel porto di Taranto. “Ora stiamo lavorando per limitare i danni” ha detto Battista, per cui “al momento non si conoscono i tempi per il recupero di tutto il carburante, ma abbiamo installato barriere di contenimento per circoscrivere la chiazza”. L’intervento degli esperti dell’Ecotaras è cominciato ieri sera, dopo la segnalazione della Guardia Costiera.

Su quanto accaduto nel capoluogo ionico è intervenuto anche il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, che è anche candidato sindaco per le amministrative di Taranto. “E’ un fatto gravissimo e che pone con urgenza la necessità di liberare il Golfo di Taranto dal petrolio” ha detto Bonelli, che poi ha chiesto che “sia fatta immediata e piena luce visto che quello di oggi non è il primo incidente in cui quantità rilevanti di idrocarburi sono state sversate in mare: lo scorso 19 gennaio 2012 una chiazza di idrocarburi molto estesa è stata rinvenuta sempre nel Mar Grande nei pressi di Punta Rondinella“.

Per Bonelli, quello del mare di Taranto è un vero e proprio allarme sicurezza, “visto che, con l’ampliamento già approvato del Progetto ‘Tempa Rossa’ dell’Eni si avrà un raddoppio del traffico delle petroliere che passeranno dalle attuali 30 a 140”.  Anche per questo motivo, “quella che sta avvenendo a Taranto è una continua aggressione all’economia locale, già fortissimamente danneggiata dalla diossina e dall’inquinamento del Polo siderurgico e della raffineria, e in particolare alla mitilicoltura – ha detto il leader ecologista – E’ francamente inaccettabile che anche il Governo Monti dopo quello Berlusconi, nel Decreto Semplificazioni abbia commesso un’ulteriore ingiustizia consentendo alle compagnie petrolifere di trivellare non a 12 miglia dalla costa come avviene in tutta Italia ma a 5 miglia dalla costa. E’ necessario – ha concluso Bonelli – che il governo finanzi un piano straordinario per la riconversione di Taranto che è, ormai, un’emergenza nazionale”.

Nel frattempo, sono emersi nuovi particolari sul mercantile ‘incriminato’: si chiama East Castle, batte bandiera panamense, è gestita da una società inglese con sede a Londra ed ha avuto nel 2010 un fermo – tecnicamente una “detection” – nel porto di Brema per problemi nel sistema degli scarichi (control of discharge). E’ quanto risulta dai rapporti raccolti nei database dell’organismo internazionale che si occupa delle ispezioni annuali sui cargo. Le ultime due ispezioni sono avvenute il 12 ottobre 2010 a Taranto e il 26 agosto 2011 a Salerno. In questi due casi non sono stati riscontrati problemi di rilievo.

La East Castle ha trent’anni di navigazione alle spalle e fino al 2008 batteva bandiera italiana. Dal 2009 la proprietà è cambiata insieme al registro di iscrizione, divenuto quello panamense. La capitaneria di porto di Taranto – contatta telefonicamente da ilfattoquotidiano.it – ha confermato il nome della nave e la corrispondenza con numero di registrazione – il codice Imo – riportato nei report delle ispezioni. Per quanto riguarda l’incidente, gli ufficiali hanno per ora confermato solo l’esistenza di olio combustibile all’altezza dello scafo della nave: “E’ ancora presto per capire cosa realmente sia accaduto, le notizie che abbiamo visto e letto in queste ore sono imprecise”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Facciamo luce su Enel

next
Articolo Successivo

Non solo il Tav minaccia la Valsusa

next