Un rogito da 14 milioni di euro per una compravendita da 9. Così l'imprenditore Zammarchi, indagato per il crac dell'istituto di don Verzé, racconta a verbale il passaggio di proprietà della Fondazione Ombretta per malati psichici. Alla presenza di "due avvocati della regione Lombardia"
Cinque milioni di euro svaniti nel nulla nella compravendita di una struttura sanitaria lombarda. Officiata dai vertici del San Raffaele, alla presenza di due “avvocati della Regione Lombardia”. E, come acquirente, la Fondazione Maugeri di Pavia, un altro centro di eccellenza della sanità lombarda finito sotto inchiesta per un buco di 56 milioni di euro, per il quale sono state arrestate sei persone, compreso l’ex assessore regionale Antonio Simone.
A raccontare l’affare è Pierino Zammarchi, in un interrogatorio del 22 novembre 2011 reso davanti ai pm Luigi Orsi e Laura Pedio che coordinano l’inchiesta sul San Raffaele, dove figura come indagato. Zammarchi racconta di avere venduto alla fondazione Maugeri una struttura per pazienti psichiatrici, posseduta attraverso la Fondazione Ombretta da lui costituita nei primi anni 2000, a un prezzo di rogito di 14,1 milioni di euro, ma di averne incassati realmente soltanto 9,1. L’imprenditore afferma di non sapere in tasca di chi siano finiti i cinque milioni mancanti. La Fondazione Ombretta era stata costituita anche grazie a quattro milioni di euro (su 8 di investimento totale) erogati dalla regione Lombardia “a fondo perduto”.
Zammarchi precisa però che a un certo punto della trattativa, sviluppata tra il 2010 e il 2011, è il vicepresidente del San Raffaele Mario Cal a chiedergli di creare fondi neri. E’ lo stesso Cal a trovargli un primo acquirente, l’imprenditore Mario Pozzoli, che a un certo punto sparisce di scena per far posto alla Fondazione Maugeri. “Quando Pozzoli mi offrì 9,2 milioni di euro, Cal mi disse che avrei dovuto stipulare il compromesso con Simone per un prezzo più alto, per 11,2 milioni”, afferma l’imprernditore nell’interrogatorio. “Cal mi spiegò che i due milioni in più sarebbero andati a Daccò”. Pierangelo Daccò è l’intermediario d’affari del settore sanità legato a Comunione e liberazione, arrestato nell’inchiesta sul crac del San Raffaele e destinatario di un nuovo ordine di custodia per il filone sulla Fondazione Maugeri. Ma alla fine “il maggior prezzo del rogito presentò una differenza di 5 milioni di euro. Ribadisco che, al momento del rogito, io ho trattato e ricevuto 9,1 milioni di euro. So che in un’altra stanza dello studio notarile, Maugeri ha stipulato un altro atto relativo a questi 5 milioni”. Tra gli indagati della nuova inchiesta figura Umberto Maugeri, presidente della Fondazione.
Per conto di Simone, le trattative sono condotte da due legali che Zammarchi definisce “della Regione”, anche se non sa indicarne i nomi, ma soltanto che sono “un uomo e una donna”. Daccò, in un interrogatorio del 16 dicembre 2011, sempre nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffale, afferma di aver “lavorato per la Fondazione Maugeri fino al 2008, per promuovere gli interessi socio sanitari della Regione Lombardia”. E di aver “fatto firmare un un protocollo d’intesa tra la Regione Sicilia e la Maugeri per seicento posti letto di riabilitazione specialistica”, concretizzatosi con l’apertura di due centri a Sciacca e a Mistretta.
Che cosa c’entra il San Raffaele in questa storia? Nel 2004, Cal e il fondatore dell’istituto don Luigi Verzé chiedono a Zammarchi di poter utilizzare la struttura della Fondazione Ombretta per ricoverare pazienti psichiatrici, con un affitto da 400 mila euro all’anno, “anche se queste cifre non erano convenienti per me”, precisa Zammarchi, ma “era difficile resistere a richieste di Cal e Verzé. Si è trattato di un favore che gli ho fatto”.