Politica

Amministrative, l’Udc al centro del centro: 35 volte alleati con il Pdl, 36 con il Pd

Il partito di Casini alle prese con gli schieramenti elettorali non disdegna accordi a destra come a sinistra, e persino con il vecchio nemico comunista. Solo a Gorizia si ripropone il vecchio schema elettorale del centrodestra. E in Campania già si pensa a regolare i conti in caso di debacle

Il leader dell'Udc Pierferdinando Casini

Tra Peppone e Don Camillo l’elettore dell’Udc può scegliere entrambi. E’ quanto emerge dalle alleanze in multicolor del partito di Casini alle amministrative del 6-7 maggio: lo scudo crociato corre alleato al Pdl come a Pd-Idv, a fianco della Lega Nord al Nord, con i comunisti qua e là e da solo dove conviene. Insomma, all’urlo “spezziamo il bipolarismo”, il partito centrista ha messo le sue mille crocette a destra e a sinistra a seconda delle occasioni. “Ma non del solo calcolo elettorale”, precisa il responsabile degli Enti Locali del partito Mauro Libé al Fattoquotidiano. E’ la seconda volta che la lista delle alleanze del partito esce dal suo taschino, sempre dopo lunghe mediazioni tra leader nazionali e locali. A scorrerle il simbolo bianco-rosso si ritrova ovunque, impegnato in alleanze antitetiche da una parte all’altra dello Stivale. “Capisco che questo possa disorientare l’elettore ma la politica tradizionale è in crisi, i partiti sono chiamati a rinnovarsi rompendo i vecchi schemi. Il governo Monti favorisce questa evoluzione perché ha archiviato i personalismi e gli odi irriducibili dell’epoca Berlusconi”, dice Libé. E allora ecco i numeri delle alleanze.

SOLO A GORIZIA IL VECCHIO SCHEMA DEL CENTRODESTRA, IN 35 COMUNI COL PDL  E IN 36 COL PD
Su tutti i comuni sotto i 15mila abitanti – escluse Sicilia e Sardegna – l’Udc corre al fianco di 35 candidati del centrodestra. E al fianco di 36 candidati con il centrosinistra. Gli esponenti Udc che corrono da soli sono una settantina, in prevalenza in Piemonte dove si sono moltiplicate le civiche centriste. Secondo Libé i centristi solitari potrebbero sfangarla sui rivali in almeno sette grandi comuni dove prevale un quadro di incertezza generale: Cuneo, Monza, Genova, Parma, Lucca, L’Aquila, Agrigento. “Da una parte ci sono situazioni limite come Parma dove la politica è uscita con le ossa rotte, dall’altra ci sono profonde divisioni nel Pdl tra ex An e Fi che fanno vacillare pefino roccaforti come Monza, dove il centrodestra era fortissimo e aleggia l’interesse personale di Berlusconi e Romani”, sintentizza Libé che non fa mistero del corteggiamento serrato e fino all’ultimo da parte dei berlusconiani. Sta di fatto che il vecchio schema dei governi Berlusconi – che vedeva sul palco le bandierine di Pdl, Udc, Lega – lo si ritrova oggi solo a Gorizia. Più facile la corsa alla vittoria dove l’Udc è alleato con il Pdl (ad esempio Palermo, Gorizia, Isernia) o con il Pd (La Spezia, Frosinone, Brindisi, Taranto, Trani). A L’Aquila l’Udc sostiene un candidato (De Matteis) con Destra, Verdi, Udeur e molti dissidenti del Pdl. A Genova il candidato è Enrico Musso, ex senatore del Pdl. Ad Agrigento l’Udc e un movimento di fuoriusciti del Pdl sostengono il sindaco uscente Marco Zambuto. A Parma il candidato è l’ex sindaco Elvio Ubaldi. A Monza Udc e Api sostengono la dirigente scolastica Anna Martinetti.

CENTRISTI E COMUNISTI: DAVANTI ALL’URNA IL PREGIUDIZIO ANTICO CADE

Dal groviglio di accordi ricamato dall’Udc salta all’occhio una svolta culturale. Le alleanze nuove per i comuni segnano il superamento dei vecchi luoghi comuni. Certa tradizionale Democrazia cristiana ripudiava (e ripudia) i comunisti. E resta incredula di fronte al sodalizio a sinistra del partito che ne eredita i valori e proclama di volerli portare al centro in una non meglio definita “casa dei moderati”. Che, a quanto pare, non lascia più i comunisti fuori dalla porta ma li accomoda in salotto. Il Peppone e il Don Camillo del 2012 hanno smesso di essere antagonisti in pubblico e amici in privato e vanno a braccetto su manifesti, liste elettorali e banchetti di propaganda. Ma di fronte alla realpolitik di oggi non si può andare per il sottile, schematismi e steccati del passato devono cadere. Basta vedere dove Udc e Sel corrono mano nella mano da alleati. Succede nei comuni di La Spezia, Brindisi, Taranto e Trani (complessivamente sono più di 400mila abitanti). A La Spezia Pd, Idv, Sel, Fds e Udc sostengono il sindaco uscente Massimo Federici. A Brindisi Pd, Sel, Udc, Api, Pri e Verdi sostengono il giornalista Cosimo Consales. A Taranto Pd, Sel, Idv,Udc e Api sostengono il sindaco uscente Ezio Stefano nonostante si dichiari apertamente “comunista”. A Trani Pd, Sel, Idv, Verdi, Psi, Udc e Fli sostengono l’avvocato Ugo Operamolla.

IL PRECEDENTE DEL 2010. I TENTATIVI MALDESTRI DI BERLUSCONI

Resta difficile fare delle previsioni. Ci provò Berlusconi alle regionali del 2010 tentando di convincere l’Udc a rientrare nella maggioranza. Per allettare Casini il Cavaliere ha sostenuto che ci fosse una relazione tra le alleanze dei centristi e il loro risultato alle ultime regionali, non proprio lusinghiero. Ma il tentativo di Berlusconi ha avuto le gambe corte. Un esame dei risultati del 2010 e del 2005 per le regioni smentisce l’ex premier. Nelle tre regioni in cui l’Udc è passato da destra a sinistra, in due casi ha perso voti (Piemonte e Basilicata) e in uno ne ha guadagnati (Liguria). In tutte e tre le regioni si è trattato di differenze ridotte, nell’ordine del mezzo punto percentuale.Nelle due regioni in cui il partito di Casini è rimasto alleato con Berlusconi, gli andamenti sono stati divergenti e contraddittori. In Campania il partito vede il suo più forte incremento (+2,65%) mentre nel Lazio ha il suo più grave crollo (-1,72%). Se si considerano infine, per completezza, le 4 regioni in cui il partito ha corso da solo al primo turno si scopre che in due casi Casini & co. hanno perso molto poco (Emilia Romagna e Umbria), in uno sono rimasti sostanzialmente stabili (Lombardia, +0,05%) e solo in Veneto hanno accusato perdite consistenti (-1,49%).

MALUMORI AL CENTRO. PRONTI A SPARARE SU DE MITA
Il valzer delle alleanze a tutti i costi solleva anche perplessità nell’Unione dei democratici cristiani e di centro. Molti temono che l’elettorato non capisca scelte così diverse che minano la coerenza stessa del partito. Alcuni temono che il tatticismo dell’ultim’ora possa premiare alleati e avversari, lasciando al partito un pugno di voti. E in questo caso sono già pronte le lettere d’accusa da spedire in Campania. Le aperture a sinistra vengono infatti attribuite all’influenza di un grande vecchio della Dc, il decano Ciriaco De Mita, in politica da 60 anni, già Presidente del Consiglio, segretario della Dc ed esponente di Ppi, Margherita, Pd, Udc. De Mita, 83 anni e leader indiscusso dei centristi in Campania, sostiene da tempo la necessità di un avvicinamento al Pd funzionale a costruire un’alleanza più sbilanciata al centro, rispetto al trio Pd-Sel-Idv. Difficile, del resto, per Casini trovare argomenti da contrapporre. Berlusconi è decotto, il suo Pdl è sempre più scisso tra forzisti e aennini, il Terzo Polo è già sulla via del tramonto e la Lega affonda nei guai del caro leader. Così, a 18 anni dallo scioglimento della “balena bianca”, il partito cattolico italiano cerca la sua modernità. Dopo la consultazione del 6-7 maggio si capirà se con un passo a destra e uno a sinistra avrà fatto più strada.

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