Lo chiamavano imprenditore illuminato. Ma a volte portare i capelli lunghi e gli occhiali  tondi non basta. E comunque è una definizione che appartiene al passato. Anche perché, come gli altri imprenditori licenzia (Autogrill), trasferisce le produzioni all’estero (maglioncini made in Serbia in ex aree dismesse concesse a costo zero da Belgrado), costruisce dove ci sono rischi, come accade per la Variante di valico opera che deve essere portata a termine nonostante sia costruita in parte su una frana e rischia di mettere a rischio le case di una intera valle.

Lui si chiama Luciano Benetton (anche se il potere del gruppo è in mano a suo figlio Alessandro e al fratello Gilberto) e questa volta, per la prima volta, rischia il boicottaggio dei suoi prodotti. Causa: i licenziamenti all’Autogrill tra Bologna, Milano e Roma, catena che Benetton controlla insieme ad Autostrade spa.

Così il sito web del popolo viola e quello dell’Isola dei cassintegrati lanciano la loro campagna di boicottaggio: “Tira dritto”. Tre mesi fa una iniziativa simile aveva riguardato le lavoratrici della Omsa di Faenza. Su Facebook era infatti partita una campagna per invitare le donne a non comprare più i prodotti Golden lady. La mobilitazione era arrivata a coinvolgere persino colossi della grande distribuzione come le Coop e in poche settimane la metà delle operaie hanno salvato il loro posto di lavoro.

I licenziamenti di Autogrill vengono portati avanti mentre a Fiumicino, spiegano i dipendenti, in un punto vendita del gruppo si sarebbero stipulati contratti a termine della durata di 14 giorni. Non male per una società che ha chiuso il 2011 con un utile netto in crescita del 26,7% a 126,3 milioni di euro. La società della famiglia Benetton inoltre ha registrato un fatturato di 5,84 miliardi (+ 4%), un margine operativo lordo a 617 milioni (+3,8%) e un risultato operativo a 303 milioni (+21,8%). E dire che per i locali del Burger King di Bologna sarebbe bastato un misero milione e mezzo.

Per tagliare la società dei Benetton parte proprio da Bologna dove sono sempre più a rischio i 24 dipendenti del famoso Burger King (marchio di proprietà della “A col baffo”) di via Stalingrado, a meno che non si trovi un nuovo gestore. La società infatti ha avviato una procedura per licenziamento collettivo dei dipendenti. La proprietà per il rifacimento dei locali dei locali aveva chiesto investimenti per un milione e mezzo di euro, ma Autogrill aveva deciso di abbandonare quel punto vendita aprendo una la procedura di mobilità.

Adesso, è notizia di ieri, il cielo sulla testa di quei dipendenti bolognesi si fa sempre più cupo. Nei giorni scorsi da un incontro a Milano per cercare una soluzione alla vertenza Autogrill i sindacati sono usciti senza avere nulla in mano, se non la prospettiva di un licenziamento sempre più vicino: il 20 aprile a Roma, il 30 a Bologna. Ai milanesi le lettere sono già arrivate.

“Le aziende che dovrebbero subentrare nella gestione dei punti vendita di Milano e Bologna non si sono rese disponibili alla gestione del personale – si legge in una nota sul sito della Filcams-Cgil – Mc Donald’s non ha ritenuto necessario partecipare all’incontro, mentre Compass, aggiudicataria di una gara d’appalto non intende garantire la continuità occupazionale”.

“Un buco nell’acqua – prosegue la nota del sindacato – le aziende non hanno nessuna intenzione di trovare soluzioni per salvaguardare i posti di lavoro. Nonostante le nostre proposte, si sono dimostrati indisponibili a qualsiasi tipo di trattativa”.


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