Il ragionamento è semplice: in tempo di crisi i super bonus ai banchieri europei vanno ridimensionati. Per questo il Parlamento europeo sta seriamente considerando l’ipotesi di porre un tetto ai bonus dorati dei grandi banchieri, almeno di quelli che superano abbondantemente lo stipendio di base, spesso più che l’eccezione la regola. La proposta è di Othmar Karas, deputato austriaco di centro destra, che ha presentato la proposta in commissione economica all’Europarlamento nel contesto della revisione della Capital Requirements Directive, la direttiva Ue che regola i servizi finanziari.
“Stiamo pensando di stabilire un limite all’ammontare dei bonus, confrontati ai salari fissi”, ha detto Karas, che guida un team al lavoro sulla revisione della direttiva Ue. Sullo sfondo, le norme di Basilea III, il complicato insieme delle regole per la vigilanza bancaria stabilite dall’omonimo Comitato composto delle Banche centrali dei dieci paesi più industrializzati (G10) alla fine del 1974. Ecco che dopo lo scoppio della crisi del 2008, questi Paesi (tra cui troviamo l’Italia) si sono decisi a rendere più rigide queste regole. Era ora.
Insomma, nelle intenzioni del Parlamento europeo (che si deve ancora esprimere nel suo insieme) c’è il tentativo di “rilanciare l’immagine del mondo della finanza riportando le banche alla loro funzione originaria di utilità per il sistema e meno di capitalismo a scopo di lucro senza freni”. Si perché a guardare l’ammontare dei super bonus a cui sono abituati i grandi banchieri, di lucro ce n’è eccome. Secondo Financial News Online, il banchiere più pagato in Europa nel 2011 è stato Mike Rees della Standard Chartered, con uno stipendio di base di 836mila euro al quale si sono aggiunti 3 milioni di bonus, 4,5 milioni di azioni bloccate e 1,67 milioni in azioni performance. Dieci milioni di euro in un anno. Un po’ meno ha incassato il capo di global banking e markets alla HSBC Global Investment Funds, con uno stipendiuccio di 9,34 milioni di euro (787mila euro di stipendio base più bonus).
Buste paga più sottili, ma non di molto, per i banchieri made in Italy. Supera i 2 milioni di euro lo stipendio ricevuto nel 2011 dall’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, per la precisione 2,19 milioni (1,58 in compensi fissi e 338mila euro in “bonus e altri incentivi” riferiti “al solo pagamento di incentivi differiti” relativi al 2009 e 2010, come si legge nella relazione sulla politica retributiva del gruppo). E poi ancora il presidente dimissionario Dieter Rampl ha incassato 1,8 milioni di euro.
Secondo l’ultimo report dell’European Banking Authority (EBA), l’autorità europea creata nel novembre 2010, molti banchieri grazie ai bonus ricevono dieci volte il loro stipendio di base. Il risultato è che “la parte variabile della rimunerazione dei top bankers supera l’insieme degli stipendi di tutto lo staff”.
Othmar Karas avrà un bel da fare all’Europarlamento per far passare la propria proposta, proposta che poi dovrà passare per tutto l’iter legislativo di revisione della direttiva in questione. Insomma, i tempi si annunciano lunghi. Ma il tentativo dell’Ue di mettere un tetto ai bonus non è solo una questione di etica. Sempre nel report dell’EBA, si legge tra le note che cercano di dare una spiegazione del come si è arrivati al crack del 2008, che un simile “sistema di rimunerazione”, basato sull’incentivo a creare profitto, “spinge lo staff delle banche a correre maggiori rischi” anche negli investimenti. Mettere un tetto ai bonus non è solo questione di etica.