Il Dio pallone è caduto nel fango o forse in questa melma c’è sempre stato. La morte del giovane Morosini è solo l’ultimo episodio, ma a scartabellare nelle pagine della storia pallonara di decessi se ne trovano innumerevoli, in campo e fuori. Mentre si gioca o quando l’attività è finita e ti presenta il conto salato. Tutto insieme.
Fiumi d’inchiosto, domande su domande…ma di risposte poche. Infarto, aneurisma. Allora ti fermi un solo secondo e chiedi di scendere dal treno del calcio che viaggia alle velocità di un Eurostar pur essendo un normale Intercity. Gli sportivi nell’immaginario comune sono degli Dei, macchine perfette programmate per competere. Poi qualcuna, anzi ormai molte si fermano e non ripartono più.
Ci si chiede perchè? Come può un giovane 25enne morire sul campo? E’ la spettacolarizzazione dell’evento portata sempre più a livelli folli. Si gioca sempre, senza sosta a ritmi vertiginosi. La pressione è tanta, forse troppa. I Presidenti vogliono sempre di più, i tifosi sono incontentabili e lo spettacolo che viene richiesto è sempre più elevato. Pago il biglietto e voglio, voglio anzi pretendo.
Giochiamo domenica, mercoledì c’è la coppa, domenica la sfida scudetto è poi ancora coppe. E quando si recupera? Mai. Gli atleti fanno sforzi enormi con tempi di riposo sempre più limitati e il corpo ne risente. Quanto? Non c’è una legge matematica dipende dai soggetti, dal fisico. E allora il tiro si sposta altrove….il Destino, termine di cui si è abusato in questi giorni.
Si deve arrivare, correre, lottare, vincere. Non c’è altro risultato se non la vittoria. Doping? L’associazione vien da sè, ma non è il solo male. Perchè i farmaci legali di cui si abusa fanno male allo stesso modo. Integratori, aminoacidi ramificati, creatina, infiltrazioni, solo per citarne alcuni. Risonanze magnetiche, raggi x. Tutto all’estremo. Ma di scritto non c’è nulla, coincidenze e quindi ogni teoria cade senza basi solide. E si torna a parlare di Destino.
Il Destino è vero esiste e alle volte la colpa è sua. Ma non sempre. Fa male, o meglio, non digeriamo l’idea che il gioco più bello del mondo, in realtà non lo sia. I sogni di bambino rincorrendo una palla sul prato si spengono inesorabilmente da adulto, quando capisci che anche l’erba ormai è diventata di plastica.