Nel mirino la delibera della Regione che a dicembre ha deciso in rincaro ulteriore delle bollette
Nel mirino delle associazioni c’è la delibera, approvata il 22 dicembre del 2011, di Ato 5, autorità costituita dalla Provincia e dai comuni del territorio di Bologna che si occupa di intrattenere i rapporti con Hera, multiutility che gestisce la rete idrica. Il testo prevedeva un aumento delle bollette dell’acqua compreso tra i 10 e i 20 euro annui, e fu approvato all’unanimità, scatenando le urla e le contestazioni degli attivisti, che arrivarono anche a lanciare delle monetine in segno di protesta. Già allora i comitati denunciarono l’illegittimità della delibera. “A pochi mesi dal referendum che ha decretato la ripubblicizzazione dell’acqua i sindaci si sono riuniti di nascosto e hanno deciso un aumento senza coinvolgere la cittadinanza” era stata l’accusa di Andrea Caselli, dei comitati per l’acqua pubblica.
Oggi la protesta si trasforma ufficialmente in una battaglia legale. Secondo i comitati e la Federconsumatori la delibera contiene la riaffermazione e l’inserimento in tariffa della “remunerazione del capitale investito”, nonostante l’abrogazione decisa con il voto del 12 e 13 giugno. “È stata introdotta una voce denominata Oneri finanziari a sostituzione parziale della remunerazione – ha precisato Vanna Pizzi, avvocato di Federconsumatori – ma si tratta di una voce inesistente nella legislazione della tariffa normalizzata e quindi illegittima e inapplicabile”.
Secondo i calcoli della Federconsumatori, ai cittadini verrebbero attualmente chiesti circa 27 euro all’anno, a testa, non dovuti. “Si tratta di una somma che – conclude Pizzi – se calcolata su soli 4 anni, stimando un possibile tempo di attesa della sentenza del Tar, raggiunge quota 40 milioni solo per il territorio di Bologna: soldi versati ingiustamente allo Stato e che lo Stato dovrebbe rendere indietro, con un profilo anche di danno erariale”.
L’iniziativa non è la l’unica in Italia. Prima dei sei comitati bolognesi si sono mossi quelli toscani, che un mese fa hanno denunciato al Tar i 57 sindaci dell’ex Ato 3 Toscano del Basso Valdarno per alcune delibere che, secondo gli attivisti, riproponevano nella bolletta la remunerazione del capitale investito. Mentre proprio in questi giorni si stanno organizzando anche i comitati piemontesi, intenzionati anche loro a portare la questione in tribunale.