Ci sono i volontari della campagna elettorale che ti accolgono già all’uscita della metropolitana per darti le informazioni su come raggiungere il palco. Ci sono anche alcuni sparuti gruppi di giovani socialisti entusiasti che, tra la folla, ballano e festeggiano. Ci sono le bandiere, le spillette e le tristi magliette del partito, che di rosso hanno conservato solamente una sottilissima striscia, e che spuntano qua e là senza disturbare troppo. C’è, ovviamente, l’enorme palco dove si alternano sconosciuti gruppi musicali francesi dal sapore multietnico. Non mancano nemmeno i paninari pronti a estorcerti cinque euro per una baguette farcita di salsicce bruciacchiate e due euro per una bottiglietta d’acqua. Si direbbe quasi una festa dell’Unità se non fossimo appena fuori Parigi e a meno di una settimana dal primo turno delle elezioni presidenziali francesi.
Gli organizzatori dell’ultimo grande raduno pubblico del candidato socialista, François Hollande, annunciano 100.000 presenti al castello di Vincennes, alle porte della capitale. Forse esagerano un po’, ma l’affluenza è comunque notevole. La maggior parte di questa folla è composta dai volti di una Francia popolare, multietnica e inter-generazionale. Ci sono giovani coppie, famiglie intere con figli al seguito e ci sono anziani in pensione pronti a perorare la causa della sinistra moderata. L’atmosfera è decisamente festosa. Gli autobus da tutto il paese sono giunti fin qui carichi di simpatizzanti, elettori e gente comune, venuti a sostenere il candidato della sinistra tranquilla.
È domenica pomeriggio, fa freddino per essere aprile. Le nubi su Parigi non promettono nulla di buono. Ci prova François Hollande a riscaldare i cuori del pubblico con un discorso deciso ma pacato. Qualsiasi riferimento ai concorrenti viene evitato accuratamente. Non si fanno i nomi né del principale sfidante, Nicolas Sarkozy, né dell’avversario della sinistra radicale, Mélenchon. Il candidato socialista invoca l’unità nazionale e la giustizia sociale, si scaglia contro i poteri forti della finanza internazionale e promette più dignità per chi lavora nella cultura, nell’istruzione e nell’assistenza sociale. Fa appello al destino collettivo della Francia e rievoca François Mitterrand. L’uomo della sinistra francese ce la mette proprio tutta per scuotere gli animi degli astanti, ma i quarantacinque minuti di discorso si fanno sentire eccome.
“François President!”: i cori che ad ogni pausa raggiungono il palco, perdono di energia via via che i minuti passano. Ci vuole la discesa in campo di un enorme tricolore francese, che scivola sulle teste dei presenti, per rianimare l’entusiasmo del pubblico. Lo slogan della campagna elettorale socialista “Le changement, c’est maintenant” – il cambiamento è adesso, – evoca quello della campagna elettorale del 2008 di Obama, ma il carisma del candidato francese non è che il pallido riflesso di quello del Presidente americano. A vederlo dal vivo, François Hollande manca decisamente della forza del trascinatore di folle. Non è Obama, e si vede. Non è neanche il tanto citato Mitterrand, ma tenta ugualmente di interpretare il ruolo del grande leader della sinistra. Il suo viso pacioso e innocuo non sembra quello di un candidato che punta all’Eliseo. I sondaggi sono ancora dalla sua parte: chissà se basterà la forza della mitezza di questo dirigente socialista a guidare la tranquilla riscossa della sinistra francese.
di Giacomo Rosso, giornalista