“Non so se sia realmente importante, o anche intelligente, quando la gente mi dice che sono lo Spike Lee bianco. Anche perché a Spike Lee dicono che è il Woody Allen nero…”. I tempi erano quelli di L’odio (1995), opera spartiacque di un nuovo cinema francese che scopriva nelle banlieues la ferocia dei ghetti urbani di un’America mimata allo specchio. Prima c’era stato un titolo leggero e godibile come Métisse (1993), incentrato su una bellissima ragazza in attesa di un bambino dalla paternità incerta, dopo l’offuscato e predicatorio Assassin(s) (1997), tenuto in piedi da un Michel Serrault sottilissimo e dall’entusiasmo per la nascita di un nuovo nome.
Figlio d’arte, regista di fama e apprezzamenti alterni, attore versatile, Mathieu Kassovitz sarà omaggiato – da domani a sabato 21 – dall’Institut français-Centre Saint-Louis di Roma con una serie di sei pellicole inserite all’interno della seco
Ultimo appuntamento, sabato 21, con L’ordre et la morale (2011), ritorno alla “regia seria” dopo un terzetto di lavori nel genere che – potere del pregiudizio – gli ha messo contro mezzo mondo. Passi il macchinoso e suggestivo I fiumi di porpora (2000), digerito all’epoca come una vacanza, ma Gothika (2003) e soprattutto Babylon A.D. (2008) sono parsi peccati troppo grandi per l’autore di L’odio. Per paura di perderla definitivamente, Kassovitz non ci ha messo nemmeno la faccia, mostrata di nuovo e con orgoglio nel dramma storico girato e interpretato lo scorso anno; L’ordre et la morale rievoca l’attacco ad una caserma in Nuova Caledonia nel 1988 da parte di alcuni indipendentisti kanaki, mettendo in risalto la reazione dello stato francese in tempo di elezioni presidenziali. Basta il tema per assolvere, tra i più, un regista che si spera continui ad essere inafferrabile.
(Foto: LaPresse)