Ai primi posti un inviato di guerra e un vignettista. Protagonisti di molti lavori i giovani veterani tornati da Iraq e Afghanistan, con i loro sentimenti, frustrazioni e paure. Per la prima volta dal 1977 nessun riconoscimento alla fiction
Il mondo cambia, e il premio Pulitzer pure. Per la prima volta nella storia due giornalisti di media online sono stati insigniti del prestigioso riconoscimento, nato nel 1917 e assegnato ogni anno da Columbia University (ogni vincitore, nelle 21 categorie, riceve un assegno da 10 mila dollari). L’inviato di guerra David Wood dell’Huffington Post ha vinto per la sua serie in dieci episodi “Beyond the Battlefield” (nel video sotto), che racconta la vita di alcuni veterani di guerra dell’Afghanistan e dell’Iraq. Il vignettista Matt Wuerker di Politico.com si è invece aggiudicato il premio per i suoi disegni crudeli e satirici sull’attualità politica e sociale americana. Anche i media più “tradizionali”, però, hanno avuto la loro parte di gloria. E il tema dei giovani veterani, con i loro sentimenti, frustrazioni e paure, è stato l’oggetto di molti dei lavori premiati.
Associated Press ha vinto nella categoria “giornalismo investigativo”, per una serie di articoli (autori Matt Apuzzo, Adam Goldman, Eileen Sullivan e Chris Hawley) che descrivono come la polizia di New York, con l’aiuto della Cia, abbia creato una rete di sorveglianza attorno alla comunità musulmana della città (con agenti infiltrati nelle università, nelle moschee, nei luoghi di lavoro e commercio, nei caffè frequentati dagli islamici newyorkesi). “Abbiamo raccontato storie di cui nessuno a New York era a conoscenza. E’ di questo, che sono più orgogliosa”, ha detto Kathleen Carroll, executive editor di Ap. Le rivelazioni contenute negli articoli hanno tra l’altro condotto 34 membri del Congresso americano a chiedere un’indagine federale sulla polizia delle Grande Mela e un’inchiesta interna alla Cia.
Per l’agenzia di stampa si tratta del 50esimo Pulitzer della sua storia. Soddisfazione anche nelle stanze del New York Times che ha vinto due premi. Onorati gli articoli di David Kocieniewki sui modi in cui i ricchi americani riescono a pagare meno tasse attraverso una serie di stratagemmi fiscali; e quelli di Jeffrey Gettleman, vincitore per il suo racconto di conflitti e carestie nell’Africa orientale. Gettleman batte altri giornalisti del Times, nominati nella stessa categoria “International reporting” per gli articoli scritti dal Giappone devastato dallo tsunami. Un’ulteriore prova della qualità raggiunta dal giornale nella copertura degli avvenimenti internazionali. Curiosamente, i due giornali a maggior tiratura del Paese, il Wall Street Journal e USA Today, non hanno nulla.
La vera novità sta però nel successo dei media online. E’ soltanto dal 2009 che il premio Pulitzer si è aperto alla Rete, e i due premi assegnati quest’anno, come ha sottolineato il New York Times, “riflettono il potere sempre più forte del giornalismo in Rete”. Già nel 2010 ProPublica, un organo no-profit di giornalismo investigativo, vinse un premio Pulitzer, ma i suoi articoli erano pubblicati in collaborazione con i media più tradizionali. Quest’anno invece i prescelti affidano le loro fortune unicamente al Web.
Huffington Post, il quotidiano online fondato da Arianna Huffington nel 2005 assieme a Kenneth Lerer e Jonah Peretti, concorreva per la prima volta al Pulitzer. ”Siamo felicissimi e profondamente onorati per il premio, che riconosce sia il valore esemplare degli articoli di David, sia l’impegno dell’HuffPo verso un’informazione originale che riferisce sia del dibattito nazionale che della vita della gente reale”, ha commentato la Huffington, che dopo l’edizione statunitense, canadese, francese e britannica del sito, sta preparando anche quella italiana.
Quotidiano principalmente online è anche Politico.com, vincitore per le vignette di Matt Wuerker. Fondato cinque anni fa da due reporter usciti dal Washington Post, il giornale ha un corpo redazionale di 100 reporter che seguono le vicende della politica di Washington: presidente. Congresso, leggi in via d’approvazione ma anche semplici voci e “si dice” di Washington. L’edizione cartacea, distribuita soprattutto nell’area di Washington (la sede del giornale è ad Arlington, Virginia, poco lontana dalla capitale), arriva a circa 32 mila copie. Quella online supera invece i 7 milioni di contatti al mese. Il direttore Bill Nichols ha accolto il riconoscimento tributato a Wuerker, sottolineando che il suo lavoro rappresenta una delle “più grandi sfide, per afferrare l’essenza e l’immagine del panorama di Washington, inghiottito da polemiche, ostinazione e menzogna”.
Per quanto riguarda gli altri premi, Massoud Hossaini dell’agenzia France-Press ha vinto per la migliore fotografia (una bambina che piange dopo un attentato suicida in Afghanistan); altro premio per la fotografia a Craig F. Walker di The Denver Post, che ha documentato la lotta di un veterano dell’Iraq contro lo stress post-traumatico. “Life on Mars” di Tracy K. Smith è la migliore opera di poesia, George F. Kennan: An American Life di John L. Gaddis la migliore biografia, il libro di Stephen Greenblatt – sulla riscoperta rinascimentale del De Rerum Natura di Lucrezio – la migliore opera di saggistica. Per la storia, il riconoscimento è andato a Malcom X. A Life of Reinvention di Manning Marable, che ha lavorato all’opera dieci anni, ma è morto prima di vederla pubblicata. Il Pulitzer per la musica è andato a Silent Night. Opera in Two Acts di Kevin Puts. Quello per il teatro a Quiara Alegría Hudes, per Water by the Spoonful, anche questa è un’opera sul ritorno di un soldato dall’Iraq. Ha suscitato invece sconcerto il fatto che nessun premio sia stato assegnato per la fiction. E’ la prima volta che succede dal 1977. In competizione quest’anno c’erano nomi importanti come Denis Johnson per Train Dreams, Karen Russell per Swamplandia! e David Foster Wallace, morto nel 2008, per The Pale King, il suo romanzo mai terminato. La giuria non ha trovato nessuno di questi lavori convincenti, suscitando però le proteste dell’industria dei libri. “E’ un’opportunità persa. I premi sono importanti perché focalizzano l’attenzione sui libri”, ha spiegato al New York Times Jonathan Galassi, editor di Farrar, Straus & Giroux.