Mario Monti lo ha ribadito anche la settimana scorsa. Nello stesso giorno in cui l’Istat certificava la perdita in tre anni di un milione di occupati tra i 15 e i 34 anni, il premier sottolineava che “il lavoro per i giovani è lo scopo principale della riforma così come lo è tutta la politica economica del governo”. Anche il ministro Fornero due giorni fa ha ricordato che in Italia “gli svantaggiati sono i giovani e le donne”. Soggetti, “collocati fuori da una sorta di cittadella ben delimitata”, “senza garanzie e protezione”. E che la riforma, quindi, serve principalmente per loro.
Eppure nei tanti incontri tra il governo e le parti sociali i giovani sono rimasti tagliati fuori. Non solo per l’età anagrafica di chi si è accomodato a quei tavoli (da Monti alla Camusso, tutti irrimediabilmente nell’orbita dei sessanta, se non oltre) ma soprattutto perché gli organismi di rappresentanza giovanile non sono stati neanche convocati.
E dire che, subito dopo la nomina a premier, Monti aveva voluto lanciare un segnale di discontinuità ricevendo a Palazzo Chigi, insieme a sindacati e industriali, anche il Forum nazionale dei giovani per discutere della riforma delle pensioni, il 4 dicembre scorso. Poi però, proprio per il pacchetto di misure che per stessa ammissione del governo avrebbe dovuto risolvere la gravissima emergenza occupazionale delle nuove generazioni, nessuno si è più fatto sentire.
Certo, ci si può chiedere quanto il Forum sia effettivamente rappresentativo dei giovani italiani. Si può anche protestare, come ha fatto il ministro Fornero a dicembre, per la scarsa presenza femminile nelle posizioni apicali del movimento. Però la legge approvata otto anni fa parla chiaro: il Forum è stato riconosciuto dal Parlamento italiano il 30 dicembre 2004, e – anche attraverso la rete dei forum regionali – ad oggi è l’unica piattaforma nazionale di associazioni giovanili, in grado di rappresentare “circa 4 milioni di giovani”, come si legge sul sito internet dell’organizzazione.
“A fine marzo abbiamo inviato le nostre proposte al ministro Fornero”, spiega il presidente del Forum, Antonio De Napoli. Ma l’unica risposta che è arrivata dal ministero è stata una mail random della segreteria: “grazie per il vostro contributo”. E tanti saluti. “Nel dibattito che si è svolto finora ci si è concentrati solo sul mercato in uscita e non su quello in entrata, mentre gli aumenti del costo del lavoro precario rischiano di abbattersi sul lavoratore – continua De Napoli – Ci aspettavamo una riduzione delle oltre 40 forme contrattuali a tempo determinato per poter semplificare un quadro normativo oggi molto complesso”. Nel documento inviato alla Fornero, il Forum chiedeva di “rafforzare il part-time e l’apprendistato, chiedendo una revisione sulle leggi che regolamentano gli stage, leggi che oggi nella maggior parte dei casi non sono rispettate”. Un fenomeno, quello dello “stage selvaggio”, che riguarda anche la pubblica amministrazione. “Basta pensare che oggi non c’è neanche un censimento sugli stagisti che lavorano nelle istituzioni”. Qualcosa di buono il governo lo ha fatto, “come la Srl semplificata per gli under35. Ma se non vengono messe in campo anche politiche di accesso al credito, anche questa misura rischia di diventare solo uno spot”.