Secondo la la bozza del Documento di economia e finanza (Def) il rapporto deficit-Pil sarà negativo anche nel 2013. La pressione fiscale rimarrà al livello record del 45%, certificato il flop delle riforme per la crescita
“Le nuove previsioni per l’anno 2013 – scrive Mario Monti – presentano un leggero scostamento rispetto a quanto comunicato al Parlamento a dicembre”. In sostanza, il famoso rapporto deficit-Pil invece di essere zero, si fermerà a -0,5 %, che in soldi fa circa 7 miliardi e mezzo (e ancora a -0, 1 % nel 2014): una robetta, secondo il Def, che significa aver raggiunto “il pareggio di bilancio in termini strutturali”. Siamo “close to balance”, dice Monti, quindi alla Ue va bene così: lo dicono tutte le regole comunitarie. Su questo ha ragione il premier, va detto, però per arrivare “vicino al pareggio” il governo s’inventa un barbatrucco che ricorda assai certe praticacce dell’ex ministro Giulio Tremonti: detto in modo brutale, l’esecutivo dei professori – solitamente così prudenti – sta nascondendo la reale entità della recessione in atto com’era solito fare il fiscalista del Cavaliere. Monti e gli altri, infatti, nel suddetto Def sostengono che il Pil italiano quest’anno si contrarrà dell’ 1,2 %, tornando miracolosamente a crescere dello 0,5 % nel 2013 grazie ad una ripresa economica in arrivo da luglio: dove colgano questi segnali positivi non si sa, ma guarda caso riescono così ad avere proprio i numeri necessari ad arrivare “close to balance” ed evitare così l’ennesima manovra recessiva imposta dal triangolo Bruxelles-Francoforte-Berlino (Ue-Bce-Germania).
Peccato che il Fmi, proprio ieri, abbia diffuso dati un po’ diversi: per l’Italia prodotto in discesa dell’ 1,9 % quest’anno e ancora dello 0,3 % nel 2013 (uno scostamento, nel biennio, di un punto e mezzo percentuale rispetto alle previsioni di Monti, un’enormità). Non solo: il Fondo monetario, pur facendo i complimenti al governo italiano, ha sentenziato che il pareggio di bilancio ce lo possiamo scordare almeno fino al 2017 (tra cinque anni staremo ancora a -1, 1 %). “Stime troppo pessimistiche”, ha commentato Saccomanni, dg di Bankitalia. Fortunatamente, lo stesso ministero del Tesoro – nei lavori preparatori del Def – ha analizzato vari scenari: ad esempio, se la recessione sarà peggiore di mezzo punto (-1,7 %) il nostro rapporto deficit/Pil nel 2013 starà tra lo 0,8 e lo 0,9 %, mica tanto “close to balance”, e servirà un’altra manovra. Pure a guardare al debito pubblico non è che ci siano buone notizie: nel 2012 salirà al 123,4 % del Pil (+ 3, 3) per scendere al 121,6 % l’anno dopo e crollare verticalmente in quelli successivi, a babbo morto (ironicamente, dalle tabelle si evince che abbiamo fatto prestiti alla Grecia e dato garanzie sui debiti dell’area euro iscrivendo la spesa proprio a debito). Ovviamente, questo sempre ammettendo che i dati sulla crescita dell’economia siano buoni, cosa su cui – come detto – c’è più di un dubbio.
In ogni caso questo Def bocconiano è una lettura istruttiva: a scorrerlo si scopre, per dire, che la pressione fiscale rimarrà al livello record del 45 % e dispari fino al 2014 e nei famosi lavori preparatori si ammette che nelle manovre del 2011 c’erano troppe tasse e pochi tagli di spesa. Questi ultimi, si legge nel documento, andranno aumentati “negli anni seguenti per consentire una graduale riduzione” delle tasse, oggi su “livelli molto elevati”: questione di anni, insomma, il che spiega perché dalla delega fiscale è saltato il famoso fondo alimentato dalla lotta all’evasione. Un’ultima considerazione, davvero sorprendente, è possibile trarre da questo documento: a stare ai conti del Tesoro, infatti, gli effetti recessivi delle manovre sui conti pubblici dell’anno scorso ammontano ad un meno 2, 6 % di crescita nel triennio (una quarantina di miliardi di ricchezza persa), mentre quelli benèfici dei vari “cresci”, “semplifica”, “moltiplicati” Italia di Monti arrivano a malapena allo 0,9 %. Non è che il caso di riconsiderare il circolo vizioso manovra-recessione-nuova manovra-ulteriore recessione?