“L’uso che Biagi, come si chiama quell’altro?… Santoro. E l’altro?… Luttazzi… hanno fatto della televisione pubblica pagata coi soldi di tutti io credo sia un uso criminoso e credo sia un preciso dovere della nuova dirigenza di non permettere più che questo accada”. Vale la pena riportare parola per parola il discorso pronunciato da Silvio Berlusconi il 18 aprile 2002 da Sofia per non dimenticarci che un editto di 21 secondi ha letteralmente deformato la storia dell’informazione televisiva (e non solo) negli ultimi dieci anni.

Non solo perché i tre personaggi contestati dall’ex presidente del Consiglio sono stati rapidamente rimossi dallo schermo ma soprattutto per l’effetto domino che quell’episodio ha determinato: ogni qualvolta, nei mesi e negli anni a seguire un autore, un giornalista, un comico si permettevano di criticare l’establishment politico, il partito del conflitto di interessi ne richiedeva, surrettiziamente o palesemente l’epurazione.
Poco importa che l’abbia ottenuta. Il solo fatto di invocare l’espulsione di un soggetto sgradito perchè non allineato al Palazzo rappresenta di per sè un attacco alla libertà di espressione, una violazione dell’articolo21 della Costituzione.

La lezione non è bastata?
– Perché a dieci anni di distanza si continua ad ignorare l’urgenza di una legge sul conflitto di interessi?
– Perché è tanto difficile individuare un criterio di nomina dei vertici della Rai che prescinda dal controllo e dal condizionamento di governo e partiti?
– Perché rispunta ciclicamente una nuova norma “ammazzablog” che, con il pretesto di regolamentare l’uso delle intercettazioni e tutelare la privacy lede il diritto di cronaca?

“Ce lo chiede l’Europa” è il ritornello più pronunciato per giustificare manovre impopolari: il taglio alle pensioni, la cancellazione dell’articolo18, la Tav
Se però l’Europa, sulla base di numerose sentenze della Corte di Giustizia ci chiede di allinearci in tema di libertà di espressione il refrain non vale più?

“Confesso che sia io, sia la mia famiglia, ci eravamo dimenticati di quella data
o forse abbiamo voluto cancellarla, ma se altri, in queste settimane, non ce l’avessero ricordata, in casa nostra proprio non se ne sarebbe fatta parola. Forse perché ne erano state spese troppe”. Così ha scritto Bice Biagi in un toccante commento sul decennale dell’editto bulgaro ricordando il padre Enzo, giornalista, liquidato con una raccomandata con ricevuta di ritorno dopo 41 anni spesi a difendere il diritto dei cittadini di essere informati.

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