Oltre diecimila persone presenti a Bergamo per la cerimonia funebre del centrocampista del Livorno, morto sabato scorso a Pescara. Nel frattempo proseguono le indagini: si cercano di comprendere i motivi del mancato utilizzo dei mezzi salva vita a disposizione dei soccorritori
E mentre si celebra l’ultimo saluto allo sfortunato calciatore, proseguono le indagini della Procura di Pescara per stabilire cosa sia realmente accaduto durante le operazioni di soccorso. I pm abruzzesi, infatti, hanno aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando il reato di omicidio colposo. In tal senso, la novità di giornata è il sequestro dei due defibrillatori presenti allo stadio Adriatico di Pescara (uno a bordocampo e l’altro all’interno dell’ambulanza del 118), entrambi non utilizzati nei concitati momenti successivi al malore di Morosini, così come emerso dalle testimonianze di alcuni soccorritori. Il mancato utilizzo del mezzo salva-vita, inoltre, è stato nuovamente confermato dal primario di cardiologia dell’ospedale civile di Pescara, Leonardo Paloscia, che si trovava sugli spalti al momento dell’attacco di cuore che ha colpito il giocatore e che è immediatamente sceso in campo una volta resosi conto di quanto stava accadendo. Interrogato dalla Digos come persona informata dei fatti, il medico ha ribadito quanto aveva detto nei giorni scorsi: nell’ambulanza il defibrillatore non è mai stato messo in funzione. “Conoscendo il protocollo, pensavo che fosse già stato utilizzato in campo” ha detto Paloscia. Così non è stato, però. A confermarlo davanti ai pm è stato Marco Di Francesco, infermiere dell’ospedale e componente dello staff di pronto intervento presente allo stadio. Per Di Francesco, il defibrillatore in campo c’era, ma non è mai stato utilizzato nonostante le sollecitazioni dello stesso infermiere nei confronti del primo medico intervenuto. Quest’ultimo, secondo le testimonianze raccolte e ora al vaglio degli inquirenti, sarebbe il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, che ha preferito non commentare la notizia trincerandosi nel silenzio stampa.
Nel prosieguo delle indagini, inoltre, i pm cercheranno di stabilire anche un altro aspetto di fondamentale importanza: in una partita di calcio, chi è il primo responsabile sanitario per quanto accade in campo? I medici sociali delle squadre o il personale del 118? Un fattore non di secondo piano, specie alla luce di quanto accaduto.