Dopo la sentenza di assoluzione per la strage di Piazza della Loggia vi è stata una miriade di commenti. Tra questi le parole più gettonate, oltre allo sconcerto e all’amarezza sono state “depistaggio” e “mistero”.
A questo proposito, appartenendo a quella schiera che ritiene le parole importanti, vorrei far notare un elemento che non è un dettaglio: che i misteri appartengono alle religioni mentre quello che è accaduto in Italia dal 1947 a oggi è avvolto nel segreto e i segreti invece riguardano le vicende umane. Tradotto in altri termini, i segreti di possono rivelare. e volendo si possono svelare.
Anche i depistaggi e le coperture sono vicende umane ed esistono dunque nomi e cognomi hanno coloro che li mettono in atto. Proseguendo nel ragionamento, dunque, è sufficiente la volontà di farlo e si può scoprire che ne è l’autore. Questo consente di sanzionare comportamenti e anche di individuare responsabilità superiori.
Detto questo, lancio un invito a un uso accurato delle parole. L’invito, rivolto a giornalisti, commentatori, opinionisti e a chi scrive di queste vicende, è quello di termini appropriati anche perché, facendo altrimenti, senza volerlo si potrebbe alimentare quella confusione che poi si rivela funzionale a chi non vuole arrivare alla verità.
In questo Paese, ce lo dice il nostro recente passato e ce lo dicono decenni di indagini, oltre che di cronache, abbiamo avuto molti occupanti delle istituzioni impegnati strenuamente per fare in modo che all’opinione pubblica fossero rifilate falsità. Falsità che hanno assunto le forme più varie, dalle piste alternative alla confusioni, dai depistaggi e alle coperture. Si sono impegnati così tanto che, ancor prima delle istituzioni che avrebbero dovuto rappresentare, hanno trasformato in un loro dovere l’offuscamento dei fatti. Alcuni poi sono stati definiti anche Statisti.
Dal canto di chi invece vuole la verità, non si continuino a commettere errori che possono sembrare marginali, ma che invece hanno peso sulla coscienza dell’intero Paese.