“Il governo siriano non ha pienamente ottemperato ai suoi obblighi riguardanti l’operato e lo spiegamento delle truppe e il loro ritorno nelle caserme”. Lo scrive il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza per denunciare di fatto la violazione del cessate il fuoco che era uno dei punti essenziali del piano di Kofi Annan, l’inviato speciale designato dall’Onu di concerto con la Lega Araba.
“Negli ultimi giorni c’è stata nuovamente una escalation di violenze e vittime – ha proseguito il segretario generale dell’Onu – con notizie di bombardamenti di aree abitate da civili e abusi delle forze governative. Per questo la cessazione delle violenze è chiaramente incompleta, malgrado entrambe le parti si siano impegnate in tal senso”. Un atto d’accusa formale che rimette in discussione quel poco, pochissimo, che la diplomazia internazionale era finora riuscita a ottenere dalla Siria, anche se non del tutto. Ban infatti continua dicendo che per questo, per rafforzare il piano di pace vacillante, servono più osservatori dell’Onu, fino a 300, e per una missione con una durata di almeno 3 mesi.
Condizione essenziale perché i caschi blu possano svolgere il proprio lavoro, però, è proprio la tenuta della tregua, che appare sempre più fragile con il passare dei giorni. Secondo le opposizioni siriane, infatti, nelle ultime 24 ore almeno 46 persone sono state uccise dalle truppe regolari, che hanno ripreso i bombardamenti d’artiglieria in diverse zone del paese, in particolare a Homs, la città più colpita da oltre un anno di repressione, e nei pressi dei confini libanese e turco, lungo quelle che, secondo Damasco, sono le strade usate dai ribelli armati per entrare in territorio siriano. L’agenzia di stampa ufficiale Sana, d’altra parte, dice che nello stesso arco di tempo, dodici persone, tra ufficiali, poliziotti e civili, tra cui tre bambine, sono stati uccisi da «gruppi terroristici» a Idlib, Hama e Duma, un sobborgo di Damasco.
L’opposizione aggiunge che il regime di Bashar Assad non sta rispettando nemmeno l’impegno, anch’esso contenuto nel piano Annan, di liberare i prigionieri politici. Tutt’altro: secondo i Comitati locali di coordinamento, 39 persone sono state arrestate negli ultimi giorni e tra queste ci sarebbero anche due minorenni. Firas Ahmed Turki al Falah, 14 anni, sarebbe stato arrestato nella provincia di Deraa, mentre Mohamed Munir Khalil, 15 anni, in un villaggio nei pressi di Aleppo, mentre partecipava a una manifestazione pacifica contro il regime. E mentre l’accusa di Ban Ki-Moon sposta di nuovo l’ago della bilancia. Il presidente francese Nicolas Sarkoxy in una intervista radiofonica ha ripetuto che servono «corridoi umanitari» per permettere di portare soccorsi nelle zone più isolate dalla morsa dell’esercito regolare, a partire proprio da Homs, che, ha detto Sarkozy, «Assad vuole radere al suolo come Gheddafi voleva fare con Bengasi».
Il paragone tra il dittatore siriano e quello libico, però, non regge, almeno secondo il ministro degli esteri italiano Giulio Terzi, che domani si troverà a Mosca, assieme al ministro della difesa Di Paola, per incontrare il rispettivi omologhi russi e discutere, oltre che di Siria, anche di Iran e questioni legate alla difesa. “La Siria è un caso diverso in termini di approccio da parte della comunità internazionale” ha detto Terzi all’agenzia di stampa Interfax riferendosi al paragone con la Libia. Terzi, a Bruxelles per l’incontro Nato-Russia e poi stasera a Parigi per il summit sulla Siria, ha anche ripetuto che il governo di Roma sostiene “pienamente” il piano Annan e ha invitato il governo di Damasco a “rispettare gli impegni”.
Un invito che però sembra già superato dagli eventi, nonostante ancora ieri il ministro degli esteri siriano Walid Al Muallim avesse detto, da Pechino dove si trovava in visita ufficiale, che la Damasco rimane “molto rispettosa” del piano contenuto nella risoluzione 2042, approvata dal Consiglio di sicurezza nella sua totalità dopo mesi di stallo. Unanimità e consenso che non ci sono, invece, attorno a iniziative come quella francese, che nelle parole del portavoce del ministero degli esteri russo Aleksander Lukashevich, «allontana il dialogo e serve solo ad approfondire il solco tra le opposizioni e Damasco».
Il solco, però, è stato scavato in 13 mesi di repressione, almeno 9 mila morti e un numero imprecisato di arrestati. Non bastano più – come rileva lo stesso Ban Ki-Moon – le dichiarazioni di buone intenzioni. Soprattutto da parte del regime serve che quelle intenzioni siano seguite da azioni immediate. Il rischio è che si passi rapidamente a discutere “le altre misure” da adottare, come ha detto il ministro degli esteri francese Alain Juppé, presentando alla stampa estera l’incontro che a Parigi questa sera riunirà i ministri degli esteri del cosiddetto gruppo “Amici della Siria”, nel quale Turchia e Francia premono per alzare il livello della pressione su Damasco, senza escludere del tutto anche una qualche forma di intervento internazionale.
di Joseph Zarlingo