La dice così: “L’imperatore dei topi non si tiene a guardia del formaggio”. Basilio Rizzo è presidente del Consiglio comunale di Milano, nell’era di Giuliano Pisapia sindaco, ma non ha dimenticato le sue tante battaglie di quand’era all’opposizione (per decenni, dagli anni Ottanta fino alla vittoria “arancione”). Ora dice: “Roberto Formigoni non può restare commissario dell’Expo. In questa situazione, se ne deve andare. Non può rimanere a gestire i milioni dell’Esposizione universale 2015”.
In verità l’aveva detto già due mesi fa, alle prime avvisaglie della bufera politico-giudiziaria che si è scatenata sulla testa del presidente della Regione Lombardia. Adesso lo richiede con voce più forte, dopo gli arresti dei due amici di Formigoni, Pierangelo Daccò e Antonio Simone, accusati di aver fatto sparire all’estero 56 milioni della Fondazione Maugeri e un bel po’ di soldi del San Raffaele di don Luigi Verzé. Il presidente lombardo dall’agosto 2011 è anche commissario generale di Expo 2015, in forza di un decreto governativo firmato dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. “Ora il governo è cambiato”, constata Basilio Rizzo. “Mario Monti, se ci tiene all’immagine internazionale dell’Italia, revochi subito Formigoni, senza aspettare le procure: una volta tanto, la politica arrivi prima dei magistrati. Non è indagato, ma ha attorno a sé collaboratori indagati e arrestati, con l’accusa di aver sottratto fondi pubblici. Sarebbe bene che l’Expo, attorno a cui ruotano tanti soldi, fosse gestito da una persona al di sopra di ogni sospetto”.
Alla richiesta di Rizzo si associano oggi il Pd, i Radicali di Marco Cappato, perfino i leghisti. “Il sistema di potere creato dal governatore”, spiega Cappato, “fa sì che ci siano uomini di Comunione e liberazione ovunque, anche in Expo: lo conferma la nomina a commissario del Padiglione Italia di Luigi Roth, molto vicino a Cl e a Formigoni”. Conferma il leghista Matteo Salvini: “La macchina di Expo è strabordante di ciellini. E avrebbe bisogno di persone che vi si dedichino a tempo pieno”. Non il presidente della Regione, fa capire Salvini, che ha tanto altro da fare e, ultimamente, tanti pensieri per la testa.
Sull’Expo, si era creato un asse forte tra Formigoni e il sindaco Pisapia, subito dopo la vittoria elettorale di quest’ultimo. Tanto che non erano mancate critiche provenienti dallo stesso fronte che sostiene Pisapia. Il più netto era stato Stefano Boeri, il più votato delle liste Pd alle elezioni comunali, che aveva accusato il sindaco di aver accettato l’Expo di Formigoni, grande operazione immobiliare a tutto vantaggio della Fondazione Fiera, invece di spingere per l’Expo “leggero” del grande orto botanico planetario da lasciare in dono alla città, dopo il 2015. Negli ultimi mesi, il rapporto tra Pisapia e Formigoni si è andato raffreddando. Fino a dichiarazioni dure del sindaco sull’opportunità, per il presidente della Regione, di dimettersi da “governatore”.
Si dimetta almeno da commissario Expo, chiede oggi Rizzo. O sia il governo Monti a dargli il benservito. Si potrebbe fare in tempi rapidi. Sarebbe una mossa che potrebbe riaprire la partita sull’Esposizione universale 2015, tra sostenitori dell’Expo del cemento e sostenitori dell’Expo “verde”. È troppo?
Il Fatto Quotidiano, 19 Aprile 2012
Gianni Barbacetto
Giornalista
Politica - 19 Aprile 2012
Topo Formigoni, formaggio expo
La dice così: “L’imperatore dei topi non si tiene a guardia del formaggio”. Basilio Rizzo è presidente del Consiglio comunale di Milano, nell’era di Giuliano Pisapia sindaco, ma non ha dimenticato le sue tante battaglie di quand’era all’opposizione (per decenni, dagli anni Ottanta fino alla vittoria “arancione”). Ora dice: “Roberto Formigoni non può restare commissario dell’Expo. In questa situazione, se ne deve andare. Non può rimanere a gestire i milioni dell’Esposizione universale 2015”.
In verità l’aveva detto già due mesi fa, alle prime avvisaglie della bufera politico-giudiziaria che si è scatenata sulla testa del presidente della Regione Lombardia. Adesso lo richiede con voce più forte, dopo gli arresti dei due amici di Formigoni, Pierangelo Daccò e Antonio Simone, accusati di aver fatto sparire all’estero 56 milioni della Fondazione Maugeri e un bel po’ di soldi del San Raffaele di don Luigi Verzé. Il presidente lombardo dall’agosto 2011 è anche commissario generale di Expo 2015, in forza di un decreto governativo firmato dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. “Ora il governo è cambiato”, constata Basilio Rizzo. “Mario Monti, se ci tiene all’immagine internazionale dell’Italia, revochi subito Formigoni, senza aspettare le procure: una volta tanto, la politica arrivi prima dei magistrati. Non è indagato, ma ha attorno a sé collaboratori indagati e arrestati, con l’accusa di aver sottratto fondi pubblici. Sarebbe bene che l’Expo, attorno a cui ruotano tanti soldi, fosse gestito da una persona al di sopra di ogni sospetto”.
Alla richiesta di Rizzo si associano oggi il Pd, i Radicali di Marco Cappato, perfino i leghisti. “Il sistema di potere creato dal governatore”, spiega Cappato, “fa sì che ci siano uomini di Comunione e liberazione ovunque, anche in Expo: lo conferma la nomina a commissario del Padiglione Italia di Luigi Roth, molto vicino a Cl e a Formigoni”. Conferma il leghista Matteo Salvini: “La macchina di Expo è strabordante di ciellini. E avrebbe bisogno di persone che vi si dedichino a tempo pieno”. Non il presidente della Regione, fa capire Salvini, che ha tanto altro da fare e, ultimamente, tanti pensieri per la testa.
Sull’Expo, si era creato un asse forte tra Formigoni e il sindaco Pisapia, subito dopo la vittoria elettorale di quest’ultimo. Tanto che non erano mancate critiche provenienti dallo stesso fronte che sostiene Pisapia. Il più netto era stato Stefano Boeri, il più votato delle liste Pd alle elezioni comunali, che aveva accusato il sindaco di aver accettato l’Expo di Formigoni, grande operazione immobiliare a tutto vantaggio della Fondazione Fiera, invece di spingere per l’Expo “leggero” del grande orto botanico planetario da lasciare in dono alla città, dopo il 2015. Negli ultimi mesi, il rapporto tra Pisapia e Formigoni si è andato raffreddando. Fino a dichiarazioni dure del sindaco sull’opportunità, per il presidente della Regione, di dimettersi da “governatore”.
Si dimetta almeno da commissario Expo, chiede oggi Rizzo. O sia il governo Monti a dargli il benservito. Si potrebbe fare in tempi rapidi. Sarebbe una mossa che potrebbe riaprire la partita sull’Esposizione universale 2015, tra sostenitori dell’Expo del cemento e sostenitori dell’Expo “verde”. È troppo?
Il Fatto Quotidiano, 19 Aprile 2012
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
I “Memores” di Formigoni: una vita di conti correnti e società offshore
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Presidente della Crim!
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Telefonata Trump-Putin tra le 14 e le 16. Kiev: “Mosca ora accetti la tregua senza condizioni”. Tasse e debito: corsa al riarmo dell’Est Europa
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede nella risoluzione che presenterà in Parlamento per le comunicazioni della premier Giorgia Meloni che il governo si impegni a "promuovere una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen" al fine "di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Abbiamo bisogno di tenere viva la memoria. Sono state fasi cruciali della nostra storia che non sono state ancora definitivamente chiarite". Lo ha detto Giuseppe Conte intervenendo alla proiezione a Montecitorio del film 'Il delitto Mattarella' a cui sono intervenuti, tra gli altri, il regista Aurelio Grimaldi e il vicepresidente della Camera, Sergio Costa. "Piersanti Mattarella era un allievo di Aldo Moro e interpretava nella Dc la linea del compromesso storico. Gli intrecci con la vicenda Moro sono notevoli. ‘Anche per me è finita’, disse Mattarella come racconta Leoluca Orlando. C’era la piena consapevolezza del fatto che si contrastava anche una precisa linea politica”.
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - "Era il 2016, mancavano pochi giorni all'udienza presso il Tribunale di sorveglianza di Roma, quando per strada, a Latina, fui agganciato da un soggetto che mi chiamò. Io pensavo che avesse bisogno di una indicazione stradale, mentre mi disse: 'Lasciamo perdere Montante, scordatelo. E non ti dimenticare che il 30 maggio hai l'udienza presso la Sorveglianza...'. Mi lasciò lì su due piedi, non mi diede neppure il tempo di avere una reazione. Salì su una Bmw di colore grigio e andò via". A raccontarlo in aula, davanti al Tribunale di Caltanissetta, è il pentito Pietro Riggio sentito, come teste assistito, nel processo per depistaggio a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio, gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia. Riggio spiega poi che, a suo avviso, il "soggetto" di cui parla sarebbe stato un uomo vicino ai Servizi segreti.
Secondo la procura di Caltanissetta, rappresentata oggi in aula da pm Pasquale Pacifico, avrebbero ostacolato le indagini della Procura a riscontro delle dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria poi arrestato con l’accusa di essere legato clan mafiosi. Secondo l’accusa, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio che avrebbero potuto portare alla cattura dell’allora latitante Bernardo Provenzano e a quelle relative a un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura avrebbe agevolato Cosa Nostra favorendo la latitanza del boss corleonese.
Pietro Riggio sarebbe, quindi, stato intimorito poco prima di tornare in carcere, nella primavera del 2016, in merito al possibile coinvolgimento, con le sue dichiarazioni, di Antonello Montante, l'ex presidente di Confindustria Sicilia condannato per corruzione per la rete che aveva creato, con il supporto di politici e ufficiali, per raccogliere informazioni riservate su persone a lui vicine e pentiti.
Il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande del pm Pasquale Pacifico, ha poi ricordato di avere conosciuto il generale Nicolò Pollari, ex numero uno del servizio segreto militare ai tempi del Sismi. "Collaboravo con un ufficio legale, perché l'avvocato era su una sedia a rotelle, e mi occupavo di tutte le incombenze- racconta in aula - Una sorta di segreteria. Poi ho saputo l'avvocato Verdesca era amico personale di Nicolò Pollari perché lo aveva difeso nel processo in cui Pollari era imputato a Venezia". Racconta che Pollari lo avrebbe cercato nello studio di Latina del legale in cui Riggio lavorava.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) accoglie con interesse l'approvazione definitiva della riforma dell'accesso ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia, odontoiatria e Medicina veterinaria e si rende disponibile a collaborare con il ministero dell'Università e della Ricerca (Mur) per l'attuazione delle iniziative di orientamento nelle scuole secondarie superiori. Uno degli aspetti qualificanti della riforma - spiega la società scientifica in una nota - è proprio l'attività di orientamento, che rappresenta un'opportunità concreta per avvicinare gli studenti alle discipline sanitarie, promuovendo la consapevolezza dell’importanza e il fascino di specialità mediche come l'Anestesia e rianimazione. Siaarti ritiene fondamentale sensibilizzare i giovani sulla necessità di coltivare una vocazione verso queste specializzazioni, cruciali per il sistema sanitario e per la gestione delle emergenze ad alta complessità.
"Siamo pronti a offrire il nostro contributo nell'ambito dell'orientamento scolastico - afferma Elena Bignami, presidente Siaarti - affinché gli studenti possano maturare scelte più informate e motivate verso le professioni sanitarie, in particolare quelle dell'area critica". Accanto alle opportunità offerte dalla riforma, permangono tuttavia alcune preoccupazioni. La presidente Siaarti esprime dubbi sulla capacità delle università di garantire una didattica di qualità e un'adeguata formazione pratica con l'incremento degli studenti ammessi. "Numeri così elevati - osserva Bignami - rischiano di compromettere la qualità della didattica frontale e della formazione pratica nei tirocini, con possibili ripercussioni sul livello di preparazione dei futuri medici e specialisti. Non siamo convinti che questo nuovo assetto organizzativo possa realmente garantire un effettivo diritto allo studio e una formazione equa per tutti, soprattutto per la parte pratica".
A destare ulteriori timori è il combinato disposto tra questa riforma e le disposizioni del cosiddetto 'Decreto Calabria' e dei successivi provvedimenti, che consentono ai medici specializzandi, già dal secondo anno di corso, di partecipare ai concorsi per le assunzioni nelle aziende sanitarie. "Se non si pone un'adeguata attenzione alla qualità della formazione - avverte la presidente Siaarti - il rischio è che i giovani medici vedano ridotti non solo gli anni di formazione effettiva, ma anche la loro preparazione a causa del sovraffollamento e della necessità di entrare subito in mondo del lavoro caratterizzato dalla carenza di organico. Ciò - aggiunge - potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità dell'assistenza sanitaria, specialmente nelle discipline ad alta complessità come la nostra".
Siaarti ritiene che sia il momento di aprire una riflessione più ampia sulla durata del percorso formativo in Medicina e Chirurgia e sulla specializzazione. "Potremmo immaginare un corso di laurea in Medicina ridotto a 4 anni, con un percorso di specializzazione della durata di altri 4 anni: i primi 2 senza possibilità di assunzione e gli ultimi 2 con una crescente autonomia professionale - suggerisce Bignami - Questa potrebbe essere una strada per garantire una formazione più mirata e di qualità, evitando il rischio di medici formati in tempi ridotti ma con competenze non adeguate".
Siaarti auspica che i decreti legislativi attuativi della riforma tengano conto di queste criticità e si rende disponibile a un confronto costruttivo con le istituzioni per individuare soluzioni che possano coniugare l'aumento dell'accesso con la necessaria garanzia di qualità formativa.
Gaza, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas ha dichiarato di attribuire la responsabilità dei nuovi raid aerei a Gaza al "supporto politico e militare illimitato" dell'amministrazione statunitense a Israele. "Con il suo illimitato sostegno politico e militare all'occupazione (Israele), Washington ha la piena responsabilità dei massacri e dell'uccisione di donne e bambini a Gaza", ha affermato Hamas in una dichiarazione.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - Intesa trovata nel Pd sul testo della mozione che i dem si apprestano a presentare in occasione delle comunicazioni della premier Meloni in Parlamento in vista del Consiglio Ue. Nel documento, che ora viene sottoposto all'Assemblea dei Gruppi dem, sono confermate le critiche al piano ReArm Eu con un via libera al 'Libro bianco sulla difesa'. Nessun riferimento esplicito a un no al piano di Difesa Ue, invece.
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - E’ ripreso all’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta la deposizione del pentito Pietro Riggio, sentito come teste assistito, nel processo a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio. Alla sbarra ci sono gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia. Secondo la procura di Caltanissetta, rappresentata oggi in aula da pm Pasquale Pacifico, gli ufficiali avrebbero ostacolato le indagini della Procura a riscontro delle dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria poi arrestato con l’accusa di essere legato clan mafiosi. Secondo l’accusa, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio che avrebbero potuto portare alla cattura dell’allora latitante Bernardo Provenzano e a quelle relative a un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta.
Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura avrebbe agevolato Cosa Nostra favorendo la latitanza del boss corleonese. Già nella scorsa udienza Riggio aveva deposto per diverse ore.