Da oltre trent’anni sono migliori amici. Non solo. Entrambi sono cresciuti in seno a Comunione e Liberazione di don Luigi Giussani, a cui erano molto vicini. Uno dei due è diventato pure memor domini, ovvero consacrato laico del movimento e si chiama Roberto Formigoni. L’altro invece è Antonio Simone, ex assessore alla Sanità negli anni Novanta. Destini diversi per i due amici, visto che uno è impegnato a rispedire al mittente ogni coinvolgimento negli scandali che hanno travolto la Regione Lombardia e l’altro, invece, già coinvolto in Tangentopoli, è finito in manette a San Vittore con l’accusa di riciclaggio e associazione a delinquere nell’ambito delle stesse inchieste. Tra loro uno “strettissimo legame personale”, come aveva dichiarato l’ex assessore a gennaio davanti ai pm di Milano.

Un rapporto sul quale oggi squarcia il silenzio Carla Vites, moglie di Simone, che invia una lettera durissima al Corriere per denunciare tutte le bugie del governatore, dai suoi rapporti con Pierangelo Daccò, l’intermediario d’affari in campo sanitario arrestato per il crac del San Raffaele e destinatario di un altro ordine di custodia per l’inchiesta sulla Fondazione Maugeri di Pavia, fino alle lussuose vacanze tra yacht e chef. Nessuna rilevanza penale, ma un attacco frontale al ciellino Formigoni che rischia di fare rivoltare contro di lui la base del movimento.

La Vites scrive ieri, nel giorno del 58esimo compleanno del marito, e immagina il presidente “su un letto megagalattico del Salone del Mobile, che se la ride soddisfatto” mentre Simone “detenuto nelle patrie galere di San Vittore da venerdì alle 16”. Poi aggiunge: “Mi risulta che il suo migliore amico, mentre lui si adagia mollemente a beneficio dei giornalisti esibendo quel che resta di un fisico a suo tempo quasi prestante, deve discutere su chi oggi avrà il diritto di allungare le proprie di gambe all’interno di una cella che ospita altri 5 detenuti”.

Il presidente della Regione Lombardia, parlando a margine di un dibattito del Pdl a Roma, risponde: “Non commento la lettera della moglie di Simone. Rivendico l’amicizia quarantennale con Simone, ma aspetto che svuotino i bidoni della spazzatura per parlare”.

Restano però le parole pesanti della Vites, in controtendenza rispetto alla linea scelta da Formigoni, che, mentre montava lo scandalo, ha sempre preso le distanze dai suoi protagonisti. Daccò, oltre a essere coinvolto negli scandali San Raffaele e Maugeri, avrebbe pagato viaggi e vacanze ai Caraibi al titolare del Pirellone, secondo quanto ha raccontato ai pm di Milano il suo fiduciario svizzero, Giancarlo Grenci. Eppure, a fronte delle dichiarazioni, Formigoni spiega: “Conoscevo Daccò da molti anni, ma non ha mai avuto rapporti direttamente con me, ma con l’assessorato”. E anche su Nicole Minetti, inserita nel suo listino bloccato, aveva preferito scaricare le colpe sul fondatore del San Raffaele: “Chiesi informazioni al fondatore, don Luigi Maria Verzè – aveva spiegato -che me la descrisse come seria e impegnata. Non trovai motivi specifici per oppormi alla richiesta del partito dinserirla nel mio listino”. Per non parlare del tenore di vita del Presidente, tutt’altro che sobrio, nonostante la sua appartenenza al gruppo dei Memores.

Menzogne su cui fa luce la Vites che “da privata cittadina e soprattutto da militante ciellina della prima ora” si sfoga: “Non ho potuto trattenermi dal pormi una serie di domande, anche perché, pur essendo una persona qualunque, la sorte mi ha riservato una conoscenza ravvicinata con l’attuale Governatore della Regione Lombardia”. E scrive:

“Passiamo al fatto che [Formigoni, ndr] possa serenamente dire che non ha mai avuto rapporti direttamente con Daccò. Ebbene lo spettacolo dei suoi «rapporti» con Daccò è sotto gli occhi dei molti chef d’alto bordo dove regolarmente veniva nutrito a spese di Daccò stesso, vuoi Sadler, vuoi Cracco, vuoi Santin, vuoi Aimo e Nadia, per non parlare dei locali «à la page» della Costa Smeralda dove a chi, come me, accadeva di passare per motivi vari, era possibilissimo ammirare il nostro Governatore seguire come un cagnolino al guinzaglio Daccò, lo stesso con cui non aveva rapporti diretti.

Vederli insieme era una gioia degli occhi: soprattutto per una come me che assieme a tanti altri meravigliosi amici di Cl ha militato per lui volantinando, incontrando gente, garantendo sulla sua persona. Era una gioia degli occhi perché – e qui secondo me è la vera tragedia, cioè non tanto se e come egli abbia intascato soldi – Robertino con Daccò e tutta la sua famigliola, si divertiva e tanto!

Eccolo con la sua «24 ore»: me lo vedo sul molo di Portisco arrivare diritto da Milano pronto ad imbarcarsi sullo yacht di Daccò dove le sue figliole (guarda caso, non sono depositarie del diritto a usare del Pirellone come mega location per eventi da migliaia di euro a botta?) lo attendevano con ansia pronte a togliersi il pezzo di sopra del bikini appena il capitano avesse tirato su l’ancora, perché così il sole si prende meglio, chiaramente”.

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