L'operazione fatta dalla Dda di Bologna e sono accusati di estorsione e rapina con l'aggravante del metodo mafioso. La deputata Bertolini che sollevò il caso delle tessere: "Conferma quello che dicevo: la verità emerge in tutta la sua gravità"
Tutto torna. La parlamentare berlusconiana a febbraio, alla vigilia del congresso provinciale di Modena aveva denunciato un incremento sospetto e la presenza di tessere intestate a molte persone provenienti da zone ad alta presenza camorristica. L’accusa era rivolta direttamente alla corrente provinciale che faceva capo al senatore Carlo Giovanardi, che prima dell’assise del partito aveva messo insieme un numero di iscrizioni al partito sproporzionato rispetto agli anni precedenti. “Si tratta di un’esplosione innaturale. Circa 600 tessere sono state sottoscritte da persone che non hanno svolto alcuna attività per il partito – aveva detto Bertolini che poi aveva lanciato un’accusa pesantisima – Si tratta di persone originarie delle zone dell’agro aversano come Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d’Aversa. Leggo cognomi come Zagaria che mi auguro non siano parenti dei noti camorristi del clan dei Casalesi”.
Giovanardi dal canto suo aveva difeso la pulizia del partito. “Trovo comunque indegno e vergognoso criminalizzare tutti coloro che sono nati in alcune zone del Meridione”, aveva scritto in una lettera indirizzata proprio a ilfattoquotidiano.it. Nel frattempo il suo candidato alla segreteria provinciale, Enrico Aimi, ha vinto il congresso visto che il candidato della Bertolini non c’era. Dopo i veleni infatti era arrivato era arrivato a Modena Denis Verdini, mandato da Roma per cercare di fare chiarezza.
Tuttavia nonostante le 180 sospensioni la deputata ha ritirato la propria lista dal congresso, sostenendo che gli iscritti sospetti fossero 600. Verdini aveva però sdrammatizzato: le prove di presenza della camorra non c’erano. “Esaminando persona per persona, comune per comune, analizzando tutti i nomi, abbiamo trovato 180 persone che non sono state identificate dalle tre liste (dalla Commissione di controllo che le rappresenta, ndr). Non ci sono le prove che siano camorristi – aveva scritto il commissario Verdini, che poi aveva chiesto scusa ai “sospetti” – perciò mi scuso con queste persone che non potranno partecipare al congresso, ma non le abbiamo espulse, sono solo sospese”.
Ma forse i controlli non erano stati molto accurati. Giovanardi, raggiunto oggi dalla notizia, corre ai ripari: “In data odierna ho presentato al Procuratore della Repubblica di Modena, Vito Zincani, un esposto perché si vada fino in fondo nella verifica di eventuali responsabilità penali, sia nei confronti di chi avesse favorito una eventuale infiltrazione nel Pdl di Modena della criminalità organizzata, sia nei confronti di chi continua ad alimentare campagne diffamatorie e calunniose nei confronti del Pdl e dei suoi dirigenti”. Anche perché, sostiene Giovanardi, al momento delle denunce della Bertolini sostiene di avere contattato “personalmente il prefetto, il questore, il colonnello comandante dei carabinieri, il procuratore di Modena per avere conferma circa il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata, non ricevendo nessuna indicazione specifica”. Insomma lui il dovere lo aveva fatto.
Per Bertolini, che con le sue dichiarazioni aveva messo in subbuglio tutto il partito, ed era comunque riuscita a mobilitare un grosso calibro come Verdini, adesso si prende la sua rivincita. “Avvenimento dopo avvenimento, la verità emerge in tutta la sua gravità e crudezza. All’inizio di questa poco edificante vicenda Giovanardi e i suoi alleati congressuali, Aimi e Samorì, hanno negato tutto. Poi, dall’incalzare degli eventi e dalla mia denuncia, sono stati costretti a una forma di controllo che, seppur formale, ha consentito che almeno due su tre degli arrestati di ieri per camorra non partecipassero al Congresso provinciale di Modena della scorsa settimana”.