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Se l’ombra di Detroit si allunga su Torino

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Qualche sera fa ascoltavo Piero Fassino raccontare ad una platea di concittadini come si può tentare di governare una città come Torino ai tempi della crisi. Torino non è una città come un’altra visto che è la più indebitata d’Italia. Anche se, come sostiene Fassino, si tratta per lo più di indebitamento da investimenti (di promozione come l’Olimpiade, strutturali come la metropolitana o il termovalorizzatore) e non derivanti da una scriteriata gestione dell’ordinario. Sarà.

Ma è stato mentre il sindaco presentava la sua ricetta per sbarcare il lunario che, almeno apparentemente, mi è venuta in mente una frase incongrua: il cinema sa anticipare la realtà. La ricetta, purtroppo, non è nuova e nemmeno originale: il pubblico che arretra, arretra e arretra e il privato che, spesso accompagnato dai peana di molti, avanza. Torino cede quote e relativa gestione dell’ aeroporto, dei trasporti pubblici, della raccolta rifiuti. E’ pronta a cedere anche lo Stadio olimpico e il PalaRuffini. Oggi, domani si vedrà.

Perché di soldi non ce ne sono, i debiti olimpici sono una voragine e ti chiedi davvero, a questo punto, se ciò che è stato dai più accettato come un dogma negli ultimi anni (i Giochi hanno rilanciato la città verso un futuro post industriale) sia poi vero dato che oggi nella città vera la crisi si avverte in modo che ha pochi eguali in Italia. Nascerà una Torino privatizzata dunque. Ma cosa c’entra il cinema?

A venirmi in mente è stata la sagra di Robocop. Ambientata in una città post-post industriale dove anche la sicurezza (fondamentale in un’area urbana composta da capannoni dismessi, ipermercati e grattacieli che sorgono come funghi) è affidata a privati che inventano Robocop cattivi. Il fatto è che i brividi mi sono venuti quando mi sono ricordato in quale città era ambientata la saga: Detroit, la città post-industria automobilistica per eccellenza.

E il giorno dopo passando davanti a Mirafiori deserta e guardando il grattacielo del San Paolo ergersi dove prima c’era un giardino i brividi sono diventati angoscia.

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