Volo Alitalia AZ2067 Linate-Fiumicino delle 18,30. È il 25 novembre 2011. Una passeggera posizionata in fondo all’aeromobile assiste a questa scena: un uomo, probabilmente di origine egiziana, è seduto nell’ultima fila. Ha le mani legate e una striscia di nastro adesivo sulla bocca. Si sentono dei lamenti. Accanto a lui, tre poliziotti in borghese in atteggiamenti non troppo amichevoli. Una hostess continua a portare fazzoletti di carta.
La donna è scioccata, chiede al personale di bordo spiegazioni che non arrivano. Al loro posto, arriva l’occhiataccia di uno dei poliziotti. La donna non è in grado di dire se quell’uomo legato fosse un clandestino o un detenuto in trasferimento da un carcere all’altro. Quello che sa è che, quando mercoledì ha visto la foto postata su Facebook dal videomaker Francesco Sperandeo, le è tornata la nausea. Perché evidentemente avevano ragione quegli agenti interrogati dal regista: “Si tratta di una normale operazione di polizia”.
Nel giorno in cui il procuratore di Civitavecchia Gianfranco Amendola ha aperto un’inchiesta (al momento contro ignoti e senza alcuna ipotesi di reato) sul caso dei due cittadini algerini legati e imbavagliati durante il volo di martedì che li ha riportati in patria, il Fatto è in grado di raccontare un episodio analogo. Che dimostrerebbe come la procedura sia piuttosto comune. Sulla pagina Facebook di Alitalia, il giorno 26 novembre 2011, un utente ha scritto: “Vorrei raccontare un fatto accaduto ieri. Non ero presente di persona, ma lo era un mio amico assolutamente affidabile. Sul volo Milano-Roma delle 18,30, nelle ultime file, si sentivano dei lamenti. Si è scoperto che provenivano da un individuo, presumibilmente un carcerato, legato e imbavagliato, circondato da tre probabili agenti. Ora, a parte che non mi risulta possibile, a termini di legge, imbavagliare le persone (in realtà era una striscia di nastro adesivo, quindi ancora peggio), vorrei sapere per quale motivo un passeggero pagante deve assistere a uno spettacolo di tale gravità. La legge non consente tali procedure e l’equipaggio avrebbe dovuto informare, se già non lo sapeva, il comandante e impedire questo obbrobrio”.
Piovono commenti, ma – tra chi ci crede e chi no – c’è anche qualcuno che conferma: “C’era anche mio cugino su quel volo”. Qualcuno, evidentemente interno alla compagnia, sottolinea come le modalità delle traduzioni non dipendano dal personale Alitalia (in realtà è proprio il comandante del volo ad essere responsabile della sicurezza dei passeggeri, di tutti i passeggeri). Qualcun altro pensa alla sensibilità di chi ha pagato il biglietto. C’è chi difende il trattamento: “Tu solo immaginati i passeggeri se invece dei lamenti avessero dovuto ascoltare le grida di insulti”. Poi arrivano i dettagli: “Il volo in questione è AZ2067 LIN/FCO di ieri 25 novembre e il detenuto legato, imbavagliato con del nastro adesivo era bloccato da tre agenti in borghese. Il personale di cabina si è comportato benissimo”. La diretta testimone dell’accaduto, contattata dal Fatto, racconta persino di essersi sentita male di fronte a quello spettacolo poco decoroso.
La polizia di Stato si difende sostenendo che si tratta di procedure previste dagli accordi bilaterali con i Paesi d’origine degli immigrati: “Qualora si verifichino episodi di autolesionismo, il personale ha l’obbligo di mettere in sicurezza la persona e gli altri passeggeri”. Magari chiamando un medico, e non imbavagliando col nastro da pacchi. Dal Dipartimento di Pubblica sicurezza ricordano poi tutte le volte in cui, invece, a rimetterci anche fisicamente sono stati gli agenti contro i quali gli immigrati si sono scagliati. Ma certo questa non è una giustificazione.
Se, invece, l’immigrato del volo Milano-Roma era un semplice detenuto, affidato agli agenti penitenziari e non alla polizia di Stato, si tratterebbe di una violazione gravissima anche della normativa. “Il comandante del volo non permette di tenere a bordo persone ammanettate, figuriamoci imbavagliate – risponde il generale Mauro D’Amico, responsabile del Servizio centrale traduzioni del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria –. Addirittura non si può obbligare un detenuto a salire su un aereo, bisogna piuttosto organizzare il servizio con un furgone. E per evitare che i passeggeri assistano alla traduzione di un detenuto o che il detenuto si senta umiliato, sto lavorando da tempo alla possibilità che vengano utilizzati voli ‘dedicati’”. Questa mattina, intanto, il ministro dell’Interno Cancellieri ha riferito in aula alla Camera sull’episodio denunciato mercoledì da Sperandeo parlando di un comportamento offensivo della dignità umana.