Milano, 24 mar. (Adnkronos) - L'ultimo atto. Forse. Domani, martedì 25 marzo, a più di 18 anni dalla strage di Erba davanti ai giudici della quinta sezione della Suprema Corte si discuterà il ricorso della difesa contro la decisione della Corte d'Appello di Brescia di dichiarare "inammissibile" la revisione del processo di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage dell'11 dicembre 2006. Sotto i colpi di spranga e coltelli, vengono uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la nonna materna del piccolo Paola Galli. E' la mancina Rosa ad affondare la lama nella gola del bambino. Le fiamme appiccate cancellano le tracce, ma quando gli aggressori si chiudono alle spalle la porta dell'appartamento di via Diaz si trovano di fronte, increduli, i vicini di casa: si salva per una malformazione alla carotide Mario Frigerio assalito da Olindo, viene colpita sulle scale e poi uccisa nella mansarda la moglie Valeria Cherubini, raccontano le sentenze, tutte univoche.
"Olindo e Rosa ci sperano nella Cassazione, come lo facciamo anche noi" spiega all'Adnkronos Fabio Schembri, l'avvocato che da sempre affianca i coniugi. "Sarebbe giusto che tutti gli elementi di prova nuovi allegati alla nostra istanza venissero assunti in dibattimento come prevede la Costituzione". La Cassazione "non è detto che sia l'ultima possibilità, un passo alla volta. Certamente confidiamo nell'applicazione rigorosa del diritto da parte della Suprema Corte e nella giurisprudenza costante che ha reiteratamente stigmatizzato le violazioni di legge e i vizi di motivazione in casi sovrapponibili a questo. Se ottenessimo che tutti i nuovi elementi di prova venissero assunti in dibattimento allora potremmo davvero discuterli e valutarli" aggiunge il difensore che insieme al resto del pool - gli avvocati Nico D'Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux - ha firmato il lungo ricorso (111 pagine) con cui si chiede l'annullamento della sentenza pronunciata a Brescia lo scorso 10 luglio.
Di diverso avviso i familiari delle vittime. "Siamo convinti che domani la Cassazione confermerà le decisioni dei giudici di Brescia. Ma siamo altrettanto convinti che questo non porterà la parola fine, il circo mediatico tornerà periodicamente, con i soliti pagliacci e domatori di fiere, ci sono troppi interessi in ballo che poco hanno a che fare con la folle presunzione di innocenza del quadrupede a due teste" dice all'Adnkronos Giuseppe 'Beppe' Castagna che - insieme al fratello Pietro - è da sempre convinto della colpevolezza dei due condannati.
Toccherà alla Cassazione - con una sentenza attesa domani in serata - provare a mettere la parola fine a uno dei casi più mediatici degli ultimi anni. Sentenza che i due condannati attenderanno dietro le sbarre: lui nel carcere di Opera, lei a Bollate. Per la difesa di Olindo e Romano e Rosa Bazzi, la motivazione che boccia la riapertura del caso "è del tutto scollata dal contenuto dell'istanza difensiva", per altre si connota "per l'illogicità manifesta e in altri ancora per la contraddittorietà di spessore tale da risultare percepibili e di macroscopica evidenza". Si parla, per alcuni aspetti, di "cortocircuito logico" e della "negazione", operata dalla Corte bresciana rispetto alle "novità degli elementi addotti dalla difesa" che prova a scardinare i tre pilastri della condanna: la testimonianza di Frigerio, la traccia di sangue (di una delle vittime) sul battitacco dell'auto di Olindo e le confessioni dei due condannati.
Nel ricorso in Cassazione vengono messe in fila le "plurime acquisizioni scientifiche nuove" e i "dirompenti dati clinici nuovi - da leggere a loro volta alla luce di nuove scoperte scientifiche" che, per la difesa, mettono in dubbio la credibilità dell'unico testimone oculare. Nelle pagine si evidenzia l'aver portato all'attenzione dei giudici fatti "diversi" e si sottolinea lo "strabismo motivazione" nel descrivere le fasi della morte di Valeria Cherubini. Un lavoro certosino che si scontra con le tre sentenze, uniformi, di ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi.
Per i giudici invece "la solidità dell'impianto probatorio" e "soprattutto l'assenza del carattere di novità della maggior parte delle prove" non lasciano dubbi sulla responsabilità della coppia. Scartate ricostruzioni fantasiose e fughe dai tetti, contro i coniugi c'è la prova scientifica, la testimonianza di Frigerio "lucido e precisissimo" nel descrive l'aggressione "in modo coerente". Viene fornita risposta ai dubbi su quanto avviene nella mansarda e per i giudici "le discrasie su alcuni dettagli non inficiano la genuinità delle confessioni" rese "dopo che Romano aveva chiesto di parlare con i pubblici ministeri, in presenza del difensore, (...) ribadite nell'interrogatorio avanti al gip, non contestate per mesi e mesi, contenenti una pluralità di dettagli riscontrati dal complesso delle indagini" e che "potevano essere patrimonio conoscitivo solo degli autori della strage e ribadite negli appunti sulla Bibbia".