A Rimini clima di tensione e preoccupazione al grande ritiro che precede il meeting. C'era anche il presidente della Regione Lombardia, ma si è allontanato su un'auto con i vetri oscurati
Ufficialmente si è trattato di un meeting di preghiera, ma non erano pochi i convenuti che hanno cercato nelle parole del padre spirituale don Julián Carrón un’indicazione per interpretare la tempesta che si sta abbattendo sul sistema Formigoni e la giunta regionale lombarda.
Era impossibile entrare alla manifestazione, alla quale era presente lo stesso Formigoni, se non appartenenti al movimento. Oggi, a Rimini, si respirava un’atmosfera totalmente diversa dall’euforia festosa che invade gli adepti di Cl nel mese di agosto, quando ha luogo il Meeting per l’amicizia fra i popoli. Stamani i 26 mila sono usciti, in uno sciame ordinatissimo e silenzioso, dalla grande sala della fiera in cui parlava don Carrón, con la consegna di rispettare il silenzio della contrizione e della riflessione fino in albergo.
La stampa non era attesa e i cronisti de ilfattoquotidiano.it hanno ricevuto tutte le attenzioni della security: “State attenti ai due giornalisti. Non fateli avvicinare e non parlategli”, erano i diktat che arrivavano alle radioline del servizio d’ordine.
Quando Carrón ha terminato il suo discorso era ormai ora di pranzo e i 26 mila si sono diretti, con le bocche cucite, verso i rispettivi pullman. Tra tanti silenzi difficili da interpretare, si è ascoltata anche qualche voce critica, ma i più sembravano inclini a minimizzare le accuse che pendono sul governatore lombardo. D’altronde “anche Cristo si è accompagnato con Giuda” e il perdono, da buoni cristiani, non si nega a nessuno.
C’è però chi ha voluto dire la sua sulle relazioni pericolose che Formigoni avrebbe intrattenuto con Piero Daccò, sulle vacanze di fine 2008 che il mediatore gli avrebbe pagato nell’esclusivo resort a 7 stelle, l’“Altamer” di Anguilla, nelle Antille. Anche fra l’accondiscendente popolo ciellino, incline solitamente a chiudere un occhio (o tutti e due), non è mancato chi ha messo in dubbio la sincerità e la rettezza del membro più illustre dei memores domini.
“Sono molto addolorato –ha ammesso un giovane che si occupa del parcheggio- perché uno che condivide la mia esperienza ha commesso degli errori ed è una cosa che pare a questo momento evidente, le accuse sussistono”.
I fedelissimi però sono stati generalmente cauti, nessuno si è esposto e alla domanda se Formigoni si debba dimettere qualcuno ha risposto “non lo so”, altri hanno pronunciato un “no” fermo, come un signore che ha rimesso tutto alla fede: “Sono certo che Roberto è un uomo che ama Dio, come sono certo che Antonio Simone è un uomo che ama Dio”.
Insomma anche l’amicizia quarantennale con l’ex assessore ciellino doc, indagato e arrestato insieme a Daccò nell’inchiesta sulla sanità lombarda, sembra non destare particolari sospetti tra gli intervenuti. “Bisogna distinguere l’amicizia dal reato” asserisce il giovane parcheggiatore. Non manca chi sospende il giudizio, in attesa che le indagini della magistratura facciano il loro corso: “Aspetto la verità, ma io mi fido di lui” dice un altro sostenitore.
Chi si fida scuote il capo sentendo le accuse di Carla Vites, moglie di Simone, la quale sostiene che Formigoni abbia “perso la testa per il lusso, facendosi travolgere dalla corte di Daccò”.
Da parte sua il governatore non ne vuole sapere di cospargersi il capo di cenere. Non rifiuta le domande della stampa, ma resta evasivo sulle vacanze di lusso e annuncia una serie di querele contro quei media che hanno messo in piedi, a detta sua, una “montagna di diffamazioni e di fango”.
Il gregge mansueto di Cl si è accorto degli involuti dribbling di Formigoni, fra le tante contraddizioni emerse nelle sue ultime interviste, ma nonostante ciò è giunto in massa all’adunata di Rimini e gli ha teso la mano. La questione etica e morale comunque resta per molti aperta e ora il più illustre rappresentante di Cl è chiamato a renderne conto.