Politica

Mario Monti è il primo partito italiano. Una sua lista prenderebbe il 30 per cento dei voti

Una ricerca della Luiss indica che il capo del governo tecnico toglierebbe il 10% al Pd e il 7% al Pdl, surclassandoli in caso di elezioni politiche. E questo nonostante la sua popolarità sia calata sotto il 50 per cento. Sui sondaggi, però, pesa l'incognita degli astenuti, che potrebbero toccare il 40 per cento, e degli indecisi, attualmente al 20 per cento

Contenitori di nuova foggia, grandi alleanze, partiti della nazione, movimenti di popolo, antipolitica in cerca di una via democratica di consenso. Nelle ultime settimane si moltiplicano annunci e riunioni per scomporre, ricomporre e rifondare vecchi e nuovi scatoloni, in vista di elezioni politiche neanche fissate. Il punto, ci informa un sondaggio della Cise Luiss del professor Roberto D’Alimonte (riportato ieri dal Sole 24 Ore), è che nella transizione tra la fine del governo Berlusconi e la messa in opera dei tecnici, sono finiti a spasso la bellezza di 16 milioni di voti. Sedici milioni di elettori sono “in cerca di partito”. E non è che proprio lo stiano cercando: aspettano che l’offerta politica si adegui al passaggio brusco d’orizzonte che si è verificato con la crisi di governo e quella economica che l’ha accompagnata.

Cifre come queste non si vedevano dalla fine della Prima Repubblica, dal dopo Tangentopoli, da quando quei voti in uscita dai grandi serbatoi dei partiti di governo (fondamentalmente Dc e Psi), finirono per premiare l’offerta nuova di Lega Nord e Forza Italia, a scapito di chi restò in piedi (il Pds). Se si votasse oggi, afferma il sondaggio, il 35% degli elettori non andrebbe proprio alle urne, e un altro 7,1% sarebbe indeciso se farlo o meno. Quelli che già sanno chi votare sono appena il 38,1% (erano il 58,3% appena un anno fa), contro un 19,8 % di “indecisi” – ma solo sul partito sul quale barrare la preferenza.

In sostanza il 60% degli aventi diritto, vale a dire sei elettori su dieci, non sa chi votare. L’emorragia di consensi riguarda principalmente i partiti del centrodestra. Nelle intenzioni di voto il Pdl ha preso lo scivolo: 29,7% nell’aprile 2011, 23,3% a novembre, 22,5% oggi. Anche la Lega, che mettendosi all’opposizione del governo Monti era passata dal 9,8% di aprile 2011 al 12,2% di novembre, è precipitata con gli eventi giudiziari degli ultimi giorni al 7,4%. Sono questi i voti che maggiormente viaggiano verso il bacino dell’astensionismo.

Di contro, con un Pd stabile al 30,2%, crescono l’Idv (al 9,5% contro il 7,1% di novembre 2011 e il 6,9% dell’aprile precedente), l’Udc (8,5%), Sel (7,8%) e il Movimento Cinque Stelle, che dall’ 1,3% di aprile 2011 era passato a novembre al 4,6% e ora viaggia sul 5,5%. Stiamo però parlando sempre dei dati espressi in quel 38,1% che ha detto di aver scelto cosa votare. Dietro di loro si muove una maggioranza confusa e consistente, il vero bottino di future campagne elettorali.

Certo non aiuta la lontanza dalle urne (si voterà a ottobre o nel 2013, e con quale sistema elettorale?) e il momento di crisi dei vecchi simboli della rappresentanza politica. La confusione è talmente alta sotto al cielo che seppure Mario Monti goda a oggi di un consenso non propriamente elevato (solo il 43,79% mantiene sul premier un giudizio positivo), un’ipotetica “Lista Monti” senza una collocazione politica definita, sarebbe il primo partito e leverebbe consenso principalmente alle due aggregazioni maggiori. Una lista guidata da Monti, arriverebbe al 29,6%, lasciando al Pd il 19,6% e al Pdl il 15,2 %. D’altronde, però, il 56,46% degli intervistati non vedrebbe di buon occhio la sua discesa in campo.

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Sul segno politico da attribuire all’esecutivo dei tecnici, del resto, gli elettori mostrano pochi dubbi: è un governo di centro per il 28,93 % degli intervistati. È un governo di centro-destra per il 27, 82%. È un governo di destra per il 20,83 %. Solo l’8,38% ritiene che i tecnici siano di sinistra. Il 14,05 % che sia di centro-sinistra. Ai partiti oggi rappresentati in parlamento, per non scomparire davanti a un’offerta politica che l’elettorato può giudicare “nuova”, non resta che attrezzarsi per portare al voto almeno i propri delusi e indecisi (in questo senso oggi è in controtendenza il Pd che pesca voti tra i delusi che non andarono a votarlo nel 2008).

Il segretario del Pdl Angelino Alfano annuncia una rivoluzione dopo le elezioni amministrative: il partito di cui fa parte si rifarà il trucco puntando sulla proposta choc di non accettare più il finanziamento pubblico. Inoltre si valuta l’ipotesi, ventilata già negli scorsi mesi, di affiancare una lista civica nazionale al proprio simbolo tradizionale. Alchimie, per l’appunto, che non tengono conto di quello che questa fascia di elettori, delusi e indecisi, mette per iscritto nei sondaggi. Certo, il 33% del campione monitorato dal Cise Luiss, vorrebbe tagliare le spese di funzionamento dello Stato, ma uno su tutti dei provvedimenti portati avanti dall’esecutivo ha il gradimento della maggioranza assoluta degli intervistati, con il 54%: la lotta all’evasione fiscale. Per il partito che ha depenalizzato il falso in bilancio non proprio una buona notizia.