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Siria, bomba a bordo di un veicolo militare esplode a Damasco. Un morto e tre feriti

L'ordigno era piazzato vicino all'ambasciata iraniana. Secondo il presidente della Tunisia Moncef Marzouki, eletto a seguito della primavera araba, Bashar al-Assad alla fine "se ne dovrà andare, vivo o morto"
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E’ di almeno un morto e tre feriti il bilancio dell’esplosione di un’autobomba nel centro di Damasco. L’ordigno era piazzato vicino all’ambasciata iraniana nella capitale. A riferirlo è stata Al Jazeera, che ha citato i Comitati Locali di Coordinamento siriano. Anche la tv di regime ha riferito dell’esplosione, precisando è avvenuta per mano di “un gruppo terrorista armato” vicino al complesso di Yelbugha, nel distretto commerciale di Marjeh, accanto alla Città vecchia.

La tensione intorno alla situazione siriana cresce anche nei paesi del bacino mediterraneo, mentre continuano a salire il numero delle vittime uccise dal regime. Secondo il presidente della Tunisia Moncef Marzouki, eletto a seguito della primavera araba, Bashar al-Assad alla fine “se ne dovrà andare, vivo o morto”. In un’intervista al quotidiano Al-Hayat spiega che “russi, cinesi e iraniani debbono rendersi conto che quell’uomo è finito”, ha dichiarato Marzouki riferendosi ai Paesi che finora hanno a vario titolo appoggiato il regime di Damasco, “e che non è più possibile difenderlo. Debbono anzi convincerlo a lasciare il potere, e a trasmetterlo al suo vice”.

E poi si rivolge direttamente al dittatore siriano: “Per te e la tua famiglia è meglio che ve ne andiate da vivi perché”, avverte, “se deciderete di andarvene da morti, allora vorrà dire che provocherete anche la morte di decine di migliaia di persone innocenti. Di carneficine ne avete già causate più che a sufficienza”. Quanto all’imminente invio nel Paese mediorientale dei trecento osservatori disarmati appena autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Marzouki non nasconde il proprio scetticismo: “Non credo che la missione avrà successo”, avverte, “dal momento che il numero degli osservatori è troppo ridotto. Trecento sole persone non possono fare un bel niente. In Kosovo”, ricorda, “di osservatori ce n’erano duemila”.

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