Torino 2012. A uno dei festival cinematografici GLBT più importanti del mondo.
In una piovosa città del sud del Cile un commesso mobbizzato dalla figlia del padrone del negozio (che lo corteggia invano) conosce un pugile dilettante che fa anche il parrucchiere. Fanno amicizia, scocca l’attrazione, bacio con lingua e tutto il resto e quando il commesso viene licenziato e al pugile viene diagnosticata una cardiopatia incompatibile con la boxe, partono insieme per la capitale Santiago a cambiar aria.
In una tranquilla stradina di un quartiere semicentrale di Manila una decina di anziani vivono in modo molto comunitario nella House of the Golden Gays. Sono tutti piuttosto effeminati, di modeste condizioni sociali, hanno avuto vite difficili, alcuni lavorano ancora e sono molto contenti di questa soluzione che li mette al riparo dalla solitudine, dalla omofobia e li fa divertire.
Ancora anziani: in una città statunitense un azzimato cinquantenne entra con un pacchetto regalo in quella che appare come una clinica. La infermiera all’ingresso lo guarda perplessa e gli chiede chi è, lui risponde polemico: “deve rassegnarsi, sono un familiare”. Entra a visitare uno molto piu anziano, un signore con lo sguardo disorientato, malato di Alzheimer. L’incontro è intenso e difficile, l’anziano cambia spesso umore e pensieri. Si fa raccontare un episodio della loro vita sentimentale di tanti anni prima, sembra assopirsi abbracciato col visitatore, poi si risveglia agitato e arrabbiato: “sta rientrando mia moglie, devi uscire ! fuori, vai..”
In Uganda un curioso gruppo misto di uomini un po’ effeminati e donne mascoline, gente di città, accompagnato da un paio di giornalisti, fa visita alla modesta casa di campagna dove vive la madre del leader del movimento, David Kato. Si scherza sulla mamma che lo vede comiziare in tv ma che continua a chiedergli quando si sposerà (con una donna). Poi tutti quanti si va nella terra rossa a raccogliere la manioca. Più avanti rivedremo la madre nella tragedia dell’assassinio del figlio, vittima di un omofobo: un episodio commentato da leader politici di tutto il mondo.
Invece , in chiave teatrale ed immaginaria, un incontro erotico che sfocia in un assassinio omofobo lo seguiamo passo per passo, gesto per gesto, in una specie di loft vista mare, in un’atmosfera che volutamente richiama Querelle de Brest. Solo che siamo all’Havana, Cuba, e quello che stiamo vedendo è da anni il primo film “a tematica gay” finanziato con soldi pubblici cubani.
Un omosessuale velato omofobo e perverso è il piccolo imprenditore di provincia sudafricano, ovviamente bianco, che ci accompagna nella sua cupezza e nella passione distruttiva per il ragazzo della figlia.
Ma poco dopo ci sdraiamo sulle sponde dell’Oceano Pacifico tra i due deliziosi ragazzini cileni sempre sull’orlo di un bacio liberatorio, tra padri assenti e simpatiche mamme complici un po’ ubriacone.
A Londra il fratellino minore del belloccio egiziano che capeggiava una piccola banda di spacciatori, è sbalordito e indignato quando si rende conto che il suo fratello-mito ha una relazione con un fotografo. Arabo e musulmano.
Il motto del festival di Torino è – da anni – “i film che cambiano la vita”. Ma vent’anni fa – o anche meno – in questi festival dominava la “questione omosessuale”: il racconto del desiderio, del senso di colpa o viceversa dell’accettazione e la nascita di un ambiente gay o GLBT. Ora continuano ad abbondare le storie in cui dominanti sono la scoperta e l’iniziazione ma si svolgono in un mondo sembra più vasto e articolato, fuori dall’Occidente bianco e ricco in cui è nata la moderna omosessualità gay. A guardare questo festival, il mondo non è più solo lo sfondo per guardare ossessivamente la nostra intimità gay: ma sono le storie del desiderio e del sentimento omosessuale ( e anche –perchè no- bisessuale) a raccontarci il mondo, a farci andare vicino e dentro situazioni che altrimenti non avremmo visto o guardato.