Altro che camminare solo con le proprie gambe. “Dall’antica Grecia in poi, è pacifico che la politica in un sistema democratico dev’essere sostenuta” e il finanziamento privato deve essere consentito sì, ma “solo per somme molto contenute e reso trasparente, in modo che i cittadini possano controllare”. C’è anche questo capitolo, essenziale, nella proposta di legge sul finanziamento pubblico ai partiti avanzata dal Pd. Pierluigi Bersani lo spiega chiaramente nella lettera inviata in occasione del 25 aprile ai segretari regionali del partito e, tramite loro, agli iscritti. Lo ha anticipato anche nelle tappe immediatamente precedenti del suo tour elettorale a sostegno dei candidati democratici. A Lecce, ad esempio, o a Brindisi. “Dimezziamo i fondi a noi destinati- ha chiarito- e facciamolo in fretta, ma mettiamo anche i paletti. Non intendo far finanziare la politica dai manager con buonuscite milionarie, dai palazzi nari, dai tycoon”. Il riferimento, neanche troppo velato, è all’annuncio del numero uno del Pdl, Angelino Alfano, di voler rinunciare completamente al sostegno pubblico, optando per l’ autosostentamento assoluto.
Bersani sa che, difficilmente, un partito come il suo potrebbe farcela ad andare avanti senza attingere ai fondi dello Stato. Finora gli è toccato un rimborso del 37,3% sul fondo annuo complessivo, cifre che tra il 2008 e il 2010 hanno oscillato tra i 18.813.000 euro ai 16.354.000, tre in meno rispetto al Pdl.
Il ragionamento, però, si fa più sottile. Il segretario nazionale del Pd insiste sulle “piccole donazioni”, per evitare che finanziamenti illimitati da parte dei privati possano trasformarsi nella compravendita di fatto delle organizzazioni da parte di singoli o di lobby. “I partiti- spiega nella lettera- se devono assolvere al proprio compito democratico, non possono e non devono vivere prigionieri dell’interessato sostegno del o dei miliardari”. Per questo al primo punto della nuova proposta di legge si pone la “certificazione dei bilanci da parte di società esterne di revisione; il controllo da parte della Corte dei conti; la pubblicazione dei conti su internet”. Operazione trasparenza, dunque, per allontanare lo spauracchio e il fango di inchieste che hanno travolto, a stretto giro, la Margherita prima e la Lega poi. Un’idea in linea con quella avanzata dal presidente della commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, il senatore Carlo Vizzini del Psi, di abrogare la norma che impone l’obbligo di pubblicità solo per contributi superiori a 50mila euro. Un disegno, inoltre, che attribuisce un preciso ruolo alla Corte dei Conti, alla quale anzi, stando alle parole del presidente Luigi Giampaolino, potrebbe essere demandata l’intera verifica dei prospetti finanziari, poiché il ricorrere a società private potrebbe diventare un “moltiplicatore degli inconvenienti del sistema”.
“Fin dall’inizio il Pd ha deciso di far certificare i propri bilanci da una società esterna di revisione (la stessa che certifica il bilancio della Banca d’Italia) ed ha proposto una legge per applicare e regolare l’articolo 49 della Costituzione. Non erano scelte casuali, erano volute. Ma ora bisogna fare di più”. Così scrive Bersani. E il di più sta nell’altra faccia della medaglia. “Tetti drasticamente più stringenti per le spese elettorali, non riferibili solo al periodo immediatamente precedente il voto, imponendoli dove oggi non sono previsti e riducendoli dove sono già in vigore”. E poi quanto annunciato ieri in conferenza stampa, a Roma, vale a dire “il dimezzamento da subito, rispetto all’anno scorso, dell’ammontare complessivo del finanziamento pubblico”, che dovrebbe essere ridotto da 182 a 90 milioni di euro. E questo sarebbe possibile mutuando il modello tedesco e livellandolo al ribasso, “costruendo un sistema basato su due pilastri: un contributo fisso relativo al numero dei voti e un’agevolazione o una compartecipazione pubblica commisurata in base all’entità del finanziamento privato raccolto da ciascun partito”. In proposito, Bersani ricorda due temi. “Il primo: il Pd ha, fin dalla nascita, raccolto parte non irrilevante dei fondi con il tesseramento e con le feste democratiche, che per scelta politica il Pd lascia ai territori, con i contributi dei parlamentari e degli amministratori. Il secondo: il Pd ha girato una parte dei finanziamenti alle strutture regionali e continuerà a farlo anche nelle nuove e più stringenti condizioni”.
Infine, i tempi. Il Partito democratico “prende l’impegno solenne a procedere su questa strada e a incalzare le altre forze politiche, che devono abbandonare posizioni di facciata per essere richiamate alla concretezza dei fatti e dei tempi, per ottenere risultati certi prima delle vacanze estive”. In vista delle quali, però, va sciolto anche il nodo legato alla rinuncia o meno dell’ultima tranche del finanziamento pubblico che lo Stato dovrà sborsare nel mese di luglio.