295, 16 euro per la copia di un cd o di un dvd. Un costo più di 295 volte più caro di quello reale.
A tanto ammonta il c.d. “diritto di copia” che il Ministero della Giustizia – e non già un truffatore senza scrupoli in un qualche souq di periferia – esige da qualunque cittadino che, per difendersi, abbia bisogno di estrarre copia di un cd o di un dvd depositato dalla propria controparte o dall’accusa nell’ambito di qualsiasi procedimento civile, penale o amministrativo nel quale sia coinvolto.
E’ una storia che ha dell’incredibile quella con la quale, da anni, ci si confronta nei Tribunali italiani mentre parlamentari e Ministri si riempiono la bocca e riempiono pagine di giornali con la promessa [n.d.r. o l’illusione?] di digitalizzare il pianeta giustizia.
Una storia che affonda le sue radici nel Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia il cui art. 274, demanda ad un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze il compito di adeguare, ogni tre anni, la misura degli importi del diritto di copia e del diritto di certificato, in relazione alla variazione, accertata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nel triennio precedente.
Con l’ultimo decreto Ministeriale, datato 8 gennaio 2009 l’allora Capo del dipartimento per gli affari della Giustizia, Italo Ormanni e l’allora Ragioniere Generale dello Stato, Mario Canzio, “rilevato che nel periodo relativo ai trienni considerati, dai dati accertati dall’Istituto Nazionale di Statistica, è stata rilevata una variazione in aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati pari al 14,3%”, hanno fissato il prezzo per la copia di un cd [n.d.r. ma in assenza di altra previsione lo stesso importo viene richiesto anche per la copia di un dvd] in 295, 16 euro.
Non che la circostanza avrebbe avuto un rilievo particolare ma, nel decreto, non vi è alcun riferimento al contenuto del Cd né alla sua capacità di memorizzazione.
Così, che il Cd contenga un solo file in formato .pdf, una sola foto digitale, un solo video o, piuttosto, un intero archivio di dati o la versione integrale di un film in alta definizione, si paga sempre, inesorabilmente, la stessa tassa: 295,16 euro.
Ogni anno, nei tribunali italiani, vengono depositati centinaia di migliaia – forse milioni – di cd e dvd, dei quali, naturalmente, nella più parte dei casi, vengono poi chieste copie da parte dei soggetti interessati.
A 295,16 euro a Cd/Dvd è un enorme fiume di denaro quello che, in maniera del tutto ingiustificata, affluisce nelle casse del Ministero della Giustizia e/o in quelle dei fornitori di servizi dei quali, probabilmente, il Ministero si avvale a caro prezzo [n.d.r. non si giustificherebbe diversamente una pretesa tanto esosa] per l’effettuazione di operazioni di copia che hanno, ormai, un costo irrisorio e che, ogni utente di un personal computer, potrebbe effettuare autonomamente in qualche secondo e limitandosi ad acquistare un cd/dvd del valore commerciale di qualche decina di centesimi di euro.
Senza contare che, nel 2012, probabilmente, sarebbe sufficiente che le cancellerie dei tribunali, su richiesta della parte, le inviassero via mail il contenuto dei Cd e Dvd depositati.
E’ legittimo, in un periodo di crisi senza precedenti quale quello che stiamo vivendo, che lo Stato imponga balzelli di questo genere ad un cittadino chiamato a difendere i propri diritti davanti alla legge?
E’ un’autentica follia quella che si consuma quotidianamente nei nostri Tribunali. Un’eresia digitale.
La digitalizzazione della giustizia e, prima ancora, quella del Paese, passano anche – ed anzi soprattutto – da queste piccole cose che, forse, non regaleranno ad un Ministro la prima pagina su un quotidiano ma, certamente aiutano i cittadini ad apprezzare gli straordinari vantaggi dell’essere digitali, per dirla con le parole di Nicholas Negroponte.
Al contrario, pretendere che un cittadino paghi 295, 16 euro per un Cd/Dvd del valore commerciale di qualche decina di centesimo di euro, finisce con lo spingerlo a detestare l’innovazione ed il progresso, facendoli apparire costosi orpelli dei quali conviene fare a meno.
Niente di peggio in un Paese come il nostro già straordinariamente arretrato in termini di diffusione delle tecnologie ed ancora incapace di darsi un’agenda digitale.
Il Decreto che attualmente fissa l’esoso balzello è scaduto e avrebbe dovuto, già da tempo, essere sostituito con un nuovo provvedimento.
E’ legittimo auspicare che il prossimo decreto riduca il diritto di copia di un cd/dvd al suo effettivo prezzo di mercato?
Diciamo 295 volte meno di quello attuale!