Tecnologia

Arriva Google Drive ed è già polemica sulla privacy nella “cloud”

Il lancio di Google Drive è avvenuto puntualmente il 24 aprile e sul Web, invece che l’atteso entusiasmo, circolano le prime polemiche. A far discutere sono le norme di utilizzo e, in particolare, la possibilità che Google possa “ficcare il naso” nei documenti degli utenti. Il nuovo servizio del gigante californiano non è in realtà nulla di nuovo: si tratta di un sistema di archiviazione online (5 gigabyte di spazio gratuito) che somiglia al già conosciuto e diffusissimo Dropbox, che offre però solo 2 GB gratuitamente. In termini di capienza, però, Google non ha il record: a superarla è Microsoft, che ha proprio in questi giorni (un caso?) regalato ai suoi utenti SkyDrive un’espansione a ben 25 gigabyte. Le caratteristiche di base sono le stesse: usando un sistema di archiviazione online è possibile memorizzare documenti, musica, video e qualsiasi tipo di dati per potervi accedere in qualsiasi momento via Internet.

Il vero “valore aggiunto offerto da Google dovrebbe essere l’integrazione con Google Documenti, che permetterà di visualizzare ed elaborare i file senza lasciare l’ambiente Google. I due servizi infatti non coesisteranno, ma verranno fusi gradualmente per tutti gli utenti. Al momento, però, sono ancora pochissimi gli account Google Drive già attivi.
Google, in sostanza, continua con la sua strategia votata alla “cloud”, che dovrebbe sganciare gli utenti dai software installati sul sistema operativo sostituendoli completamente con servizi online. Per il momento, però, i tentativi in questa direzione non hanno riscosso un grande successo. Il motivo è ovvio: in assenza di una connessione a Internet, gli strumenti a disposizione permettono di fare poco o nulla. Il nuovo servizio introduce un’applicazione installata sul computer che porta qualche miglioramento: per esempio permette di lavorare in modalità offline, ma solo sui file memorizzati nel formato di Google Documenti. Se è necessaria una conversione, serve una connessione Internet attiva. L’app è disponibile per Windows, computer Apple e dispositivi Android, mentre per iPad e iPhone bisognerà ancora aspettare. Difficile, però, che gli utenti Apple preferiscano Google Drive al già disponibile iCloud offerto dalla casa della mela, che offre 5 gigabyte di spazio gratuito e una perfetta integrazione con i servizi Apple.

I veri limiti (e le prime critiche) del servizio, però, riguardano la questione della privacy. Anche Google Drive, infatti, è sottoposto ai nuovi termini di servizio che la società di Mountain View ha varato quasi due mesi fa. Le clausole relative alla gestione dei contenuti prevedono una “licenza mondiale” che permette a Google di fare praticamente qualsiasi cosa con i contenuti caricati dagli utenti. E se questo può andare più o meno bene per servizi “pubblici” come il social network Google+, le maglie incredibilmente larghe previste dalle norme sulla privacy applicate ai documenti archiviati diventano molto più preoccupanti. Confrontando le condizioni d’uso con quelle del servizio concorrente Dropbox, le differenze sono evidenti. Nelle condizioni di utilizzo di Dropbox è infatti esplicitamente esclusa la possibilità che il materiale sia utilizzato o condiviso con altri, eccezion fatta per l’ipotesi di una richiesta da parte delle forze dell’ordine o della magistratura.

Altro problema è quello della tutela del copyright. I sistemi di archiviazione online permettono infatti di condividere con chiunque i file caricati nei vari “drive” e rischiano di trasformarsi in un potentissimo strumento per la distribuzione di documenti, musica e video. Basta inviare un’email (o pubblicare sul Web) un collegamento perché chiunque possa scaricare i file. Nelle condizioni di utilizzo, Google afferma di “Fornire informazioni per aiutare i titolari di copyright a gestire la loro proprietà intellettuale online”. Non è chiaro se questo comporti un monitoraggio del materiale che verrà caricato su Google Drive o meno. I più pessimisti, però, temono che l’ipotesi sia tutt’altro che remota.

[AGGIORNAMENTO] Sulla questione e sui timori espressi riguardo la tutela della privacy su Google Drive è intervenuta tempestivamente la stessa azienda. Un portavoce di Google contattato dal fattoquotidiano.it ha tenuto a precisare che “come dicono chiaramente i nostri termini di servizio ‘quello che vi appartiene resta vostro’. Voi siete i proprietari dei vostri file e controllate con chi li condividete, in modo chiaro e semplice. I nostri Termini di servizio ci consentono di fornirvi i servizi che desiderate, cosi che se decidete di condividere i vostri documenti con qualcuno o di aprirli con un dispositivo diverso siete in grado di farlo.”