Qualche quartina dedicata a Giorgio Napolitano ed ai suoi moniti tanto frequenti quanto inutili, visto che, per i noti esercizi di equilibrismo politico, sono spesso senza esplicito destinatario.
Con l’eccezione (o la scelta convinta?) dei magistrati che fanno palesemente il loro dovere.
I versi sono stati ispirati, fra l’altro, dall’articolo di Fabrizio d’Esposito, al quale va il mio ringraziamento, “Mi viene da monitare“, uscito su il Fatto Quotidiano del 22 aprile 2012
L’uomo col cartellino giallo
Coi moniti iniziò da comunista
e da allora fu tutto un ammonire,
fino ad esserne vero primatista.
Ogni mattin, finito di dormire,
comincia ad ammonire a destra e a manca,
sempre attento a celar chi n’è l’oggetto
poiché va detto che giammai si stanca
di usare il suo politichese stretto.
I moniti narrati dai giornali
devono avere almeno un aggettivo,
son molto pochi i moniti normali,
vogliono i più un bel rafforzativo:
autorevole, forte, nuovo, chiaro,
durissimo, prezioso, inaspettato,
d’estrema rilevanza, aspro, amaro,
severo, intransigente, meritato.
Napolitan dal suo monitificio
sceglie di usare a volte una sgridata,
nei casi più leggeri sol l’auspicio
e quando è più incazzato una sferzata.
L’ammonizione arriva a tutte l’ore,
per colazione, a mezzo del mattino,
a pranzo e a cena sul televisore,
di pomeriggio dopo il sonnellino,
d’un viaggio alla partenza e all’atterraggio,
dall’Europa, da un altro continente,
al salpar d’una nave, all’ancoraggio,
da Nord, da Sud, da Oriente, da Occidente.
“Ammonisco – può dire – dunque sono!”
chi coi moniti spesso si trastulla,
ma senza precisare a chi va il dono
Giorgio sappia che nòn servono a nulla.