L'emittente di Pino Maniaci rischia lo spegnimento perché il passaggio al digitale terrestre è previsto solo per quelle commerciali, che hanno come editori società di capitale. Per salvarla basterebbe unemendamento alla legge sulla assegnazione delle frequenze
Il telegiornale di Telejato, la piccola emittente a gestione familiare di Partinico, dura due ore: un record che gli conferisce di diritto il titolo di telegiornale più lungo d’Italia. Un record che però adesso rischia di fermarsi. A fine giugno, infatti, con lo switch off, anche la Sicilia passerà al digitale terrestre. Solo che nella norma che regola lo spegnimento dei canali in analogico c’è una piccola falla: il passaggio in digitale è previsto soltanto per le televisioni commerciali, quelle che hanno come editori società di capitale, bilanci in regola e dipendenti assunti.
In Italia però la vecchia legge Mammì aveva creato anche un altro tipo di emittenti: quelle comunitarie, ovvero le tv onlus di associazioni, movimenti e partiti politici. In tutto sono circa duecentocinquanta, non hanno dipendenti e devono avere un bilancio in pareggio: per loro la finanziaria del 2011 (agli articoli 8,9,10) non prevede la possibilità di passare dall’analogico al digitale. In una parola dovranno cessare le trasmissioni. Anche Telejato è una televisione comunitaria, una onlus nata come emittente di Rifondazione Comunista e poi rilevata nel 1999 da Pino Maniaci, ex imprenditore edile con la perenne sigaretta in bocca. “Anche Telejato secondo questa legge dovrà spegnersi – racconta Maniaci – Il primo luglio noi non dovremmo esistere più. Non capisco come sia possibile che oggi io ho una televisione e domani lo Stato me la chiude, senza neanche dirmi il perché”.
VIDEO – PINO MANIACI RACCONTA TELEJATO
Per salvare la televisione di Maniaci e tutte le altre emittenti comunitarie basterebbe in effetti fare un semplice emendamento alla legge sulla assegnazione delle frequenze televisive. E in effetti nei mesi scorsi una proposta di emendamento era stata presentata da alcuni senatori e deputati del centro sinistra. “E’ un emendamento che ci salverebbe perché il 30% delle frequenze assegnate alle televisioni locali dovrebbero andare alle televisioni comunitarie. Se questo emendamento venisse approvato allora le tv comunitarie riusciranno a salvarsi, altrimenti tutte le 250 emittenti chiuderanno per sempre i battenti. A rischio è la stessa libertà di stampa. Solo che il termine per presentare domanda di assegnazione delle frequenze digitali è scaduto lo scorso 20 aprile e ancora quest’emendamento non è stato neanche presentato”.
Per salvare Telejato si sono messe in moto una serie di associazioni riunite in comitato. “Abbiamo scritto ai presidenti delle camere, al presidente del Consiglio anche a Napolitano che ha risposto di non avere poteri in merito. L’unica speranza sarebbe quell’emendamento ma sembra che ci stiano prendendo in giro. Ad oggi, se la legge non viene modificata entro il 30 giugno 2012, Telejato dovrebbe chiudere”. Dovrebbe? “Si dovrebbe, perché io mi rifiuto di chiudere. – risponde Maniaci -Passerò al digitale, non rispetterò la legge, ora mi pare che si chiami disobbedienza civile. Se vogliono chiudermi devono venire a farlo con la forza: voglio vedere i carabinieri che staccano la spina e io che la riattacco”. E cosa faranno invece la stragrande maggioranza delle altre televisioni comunitarie? “Sono quasi tutte della chiesa – risponde pronto Maniaci – quindi o sono già passate su satellite o in qualche caso hanno già deciso di chiudere. In Sicilia sono circa 40 le televisioni comunitarie e visto che lo Stato da un piccolo contributo per staccare la spina hanno già deciso di spegnersi da sole”.
Da 13 anni in quel lembo di terra sassosa tra Palermo e Trapani Pino Maniaci fa capolino nelle tv di 25 comuni. Ha collezionato più di 200 querele, la maggior parte da Antonina Bertolino, padrona dell’omonima distilleria: alla duecentesima citazione per danni è andato davanti lo stabilimento e si è spogliato nudo. Poi ha racimolato una denuncia per esercizio abusivo della professione: il presidente dell’Ordine Enzo Iacopino chiuse un occhio e lo iscrisse all’albo dei pubblicisti, sottolineando che “per fare il giornalista non occorre il tesserino’’. Nel suo palmares ha accumulato poi una serie di intimidazioni: dall’auto bruciata fino all’aggressione subita da Michele Vitale, figlio allora minorenne del boss mafioso Vito Vitale, che tentò di strozzarlo con la sua stessa cravatta senza successo. Le lettere anonime ovviamente non si contano: l’ultima la mostra in diretta “è arrivata stamattina – dice estraendo un foglio dalla tasca – c’è scritto che devo andarmene da Partinico altrimenti agiranno in altri modi”. Di certo dal primo luglio a Partinico potrebbe non esserci più Telejato.