Inoltre la nuova legge è ancora più attenta della precedente: perché il magistrato sia ritenuto responsabile della violazione di legge occorre valutare “il grado di chiarezza e precisione delle norme violate, e la scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto”. Insomma questo giudice deve proprio aver fatto una cazzata. E, se l’ha fatta, è giusto che risarcisca i danni. Su questo punto l’emendamento Pini (roba da “adesso ti faccio vedere io”) era autolesionista: il danneggiato (presunto) poteva citare in giudizio direttamente il giudice. Che, naturalmente, si sarebbe difeso con le unghie e con i denti (del resto il diritto è il suo mestiere) e che, soprattutto, possiede (in genere) poco denaro. Al danneggiato sarebbe rimasta la magra consolazione di pignorargli il quinto dello stipendio. Il governo ha conservato, per fortuna, l’obbligo di richiedere il risarcimento allo Stato che poi si rivarrà sul magistrato. Il che vuol dire che il danneggiato riceverà dallo Stato tutto quello che gli è dovuto; che il giudice restituirà con comode rate.
Qui, devo dire, sia la legge del 1988 sia quella proposta dal governo, sono carenti. Entrambe prevedono un limite alla restituzione allo Stato da parte del magistrato: fino a un terzo dello stipendio annuo (la legge dell’88) e nella misura di uno stipendio annuo (la legge nuova). Insomma, lo Stato può pagare 100 milioni di euro per via di un errore (grave, inescusabile, una cazzata) commesso dal magistrato; ma questi gli restituisce al massimo 60.000 euro (in media il suo stipendio annuo). Questo è inaccettabile. Nessun cittadino gode di una tutela del genere. Stiamo parlando di colpa grave, di errori inescusabili, violazioni di legge che nessun giudice dovrebbe mai commettere. Se le commette paghi; così come paga il medico che lascia la pinza nella pancia del paziente o l’ingegnere che sbaglia i calcoli del cemento armato, ragion per cui il ponte crolla. E non si venga a dire che, in questo modo, il giudice sarà intimidito dai potenti; è solo che non deve fare cazzate. Invece deve farsi una buona assicurazione. Che non sarà cara: ricordiamoci che si sta assicurando per le cazzate, non per opinabili interpretazioni di legge.
Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2012