Finiti nella direttiva europea Bolkestein, approvata dall'attuale esecutivo di tecnici, che prevede il divieto di rinnovo delle concessioni per gli imprenditori che utilizzano risorse naturali limitate come la strada o le piazze, chiedono a Roma lo stralcio delle restrizioni: "Oltre ad essere travolti dalla crisi che azzera le vendite, anche l'incertezza dello spazio in cui lavorare"
I problemi della categoria, in realtà, risalgono già al 2008 ma il cambio di governo Berlusconi – Monti, non ha ancora portato ad alcun miglioramento. Nel 2006, infatti, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno approvato la direttiva Bolkestein relativa ai servizi nel mercato interno, che prevede il divieto di rinnovo delle concessioni per gli imprenditori che utilizzano risorse naturali limitate. Nessun problema per i commercianti a quattro ruote, non fosse altro che al momento del recepimento l’Italia ha deciso di includerli tra le categorie limitate dalla direttiva.
“Inizialmente – spiega Dario Domenichini di Anva Confesercenti – la legge non comprendeva le strade, le piazze e quindi i mercati tra le risorse naturali limitate ma nella bozza di recepimento il governo ha deciso di includerle, mettendo a rischio la nostra possibilità di lavorare”. Così, qualora dovesse essere approvata, la nuova legge bloccherebbe le concessioni per le piazzole che gli operatori del settore occupano, alcuni di loro anche da decenni. “ E non si sa – sottolineano i sindacati – in che modo si potrà ottenere di nuovo lo stesso spazio nel mercato, se attraverso un bando o un concorso. Non sappiamo nemmeno se dovremo cambiare area, o addirittura Comune. Viviamo nell’incertezza”.
Dal 2010, anno in cui l’Italia ha iniziato le procedure per il recepimento della direttiva, si sono tentate diverse soluzioni a livello locale per derogare l’articolo relativo al commercio nelle aree pubbliche, ma nessuna fino ad ora è andata a buon fine. La prima regione a mobilitarsi è stata il Piemonte, che ha tentato di salvaguardare gli ambulanti con una legge regionale, bloccata prontamente dal governo Berlusconi. Successivamente si è fatta avanti la Toscana e questa volta è stato Monti a dire no. “Ci hanno detto che è stata l’Unione Europea a chiedere che il divieto fosse introdotto – spiega Domenichini – nonostante anche la Conferenza Stato Regioni si sia espressa in nostro favore”.
I sindacati, allora, si sono rivolti direttamente alla fonte della direttiva, ma quando una delegazione si è recata a Bruxelles per chiedere spiegazioni, “perché la procedura colpisce praticamente solo l’Italia, l’unica con una situazione di microimpresa diffusa in maniera così capillare” scrivono in una nota le associazioni, non solo il Parlamento europeo ha espresso preoccupazione per il modo in cui è stata rimaneggiata la direttiva. Nata allo scopo di impedire alle aziende estere di sfruttare gli spazi e le risorse degli stati dell’Unione attraverso normative sul lavoro più permissive. Ma ha anche chiarito che “Il problema è dovuto alle modalità recepimento da parte del governo italiano” sottolineano dall’associazione nazionale venditori ambulanti.
“Tocca quindi a questo governo stralciare le restrizioni relative alla nostra categoria e restituirci un po’ di serenità – ha aggiunto Domenichini – in questo momento d’incertezza ci sentiamo precari nel precariato, non solo abbiamo subito l’impatto della crisi, ora rischiamo di non avere più un luogo dove lavorare. E gli investimenti fatti per costruirci un futuro, basti pensare che i nostri mezzi di trasporto costano anche 70 mila euro, rischiano di essere gettati al vento”.
“Oggi, di fronte alla completa liberalizzazione del settore commercio, che già penalizza le piccole realtà – denunciano i sindacati – è ancor più vitale intervenire per tutelare il comparto”. “Il rischio tangibile, se non vi fossero modifiche alla norma, sarebbe di lasciare senza lavoro decine di migliaia di famiglie che hanno profuso l’impegno di intere generazioni in attività portate avanti con tenacia ed inventiva – ha chiarito Alverio Andreoli, Presidente di Fiva Confcommercio Emilia Romagna – e che hanno contribuito in modo fondamentale alla crescita dell’economia del Paese”.
Il 4 maggio a Roma si terrà un incontro tra i sindacati di categoria, Anva e Fiva, la federazione italiana venditori ambulanti, regioni e governo, per discutere della direttiva. Intanto, finché non giungeranno nuove indicazioni, l’Emilia Romagna, altrettanto contraria a togliere gli spazi pubblici ai venditori ambulanti, ha concordato il rinnovo pro tempore delle concessioni.
“Sono tre anni che ci battiamo per preservare il nostro lavoro e la nostra richiesta è, e rimane, quella di salvaguardare i diritti di anzianità e professionalità del settore del commercio su aree pubbliche nelle procedure di rinnovo delle concessioni, proteggendo così una categoria che svolge una imprescindibile funzione sociale ed economica – ha aggiunto Andreoli – Speriamo che prevalga il buonsenso, la situazione economica e lavorativa della categoria è già abbastanza difficile, ma se la legge dovesse passare allora tutti i venditori ambulanti italiani sarebbero in guai seri”.
“Siamo pronti a scendere in piazza – ha concluso Domenichini – vedremo che succederà all’incontro, ma tra noi c’è già chi si sta informando sui prezzi dei pullman per andare a Roma. Faremo sentire la nostra voce”.