“I vertici della Lega hanno saputo dello scandalo Tanzania prima che uscisse sui giornali”. Lubiana Restaini non ha dubbi. Non può averne: è la “dama bionda”, la donna che ha messo in contatto l’imprenditore veneto Stefano Bonet con i capi del Carroccio, a partire da Roberto Castelli e Piergiorgio Stiffoni. Lei ha organizzato gli incontri, smistato le comunicazioni e fatto recapitare in via Bellerio la relazione di Bonet su i fondi usati da Francesco Belsito. Ed è lei che, intercettata dalla Dia mentre parla con l’amica e deputata del Carroccio Erica Rivolta, il 23 gennaio anticipa quello che poi è accaduto: “Tutti sarebbero finiti nella corrente di Maroni“.

Preveggente?
No, era facile capirlo perché ero al corrente di tutto. Sapevo quello che era successo con Belsito, conoscevo la situazione interna al partito e leggendo i giornali vedevo cosa passava all’esterno; quindi ho fatto due più due.

Sapeva anche chi era stato informato?
Io so che il compito di seguire la vicenda è stato affidato a Castelli che poi è stato affiancato da Stiffoni.

Calderoli?
No, a lui non ne ho mai parlato. Lui era all’oscuro di tutto. Così come Umberto Bossi, tant’è che fu Castelli a raccontarmi di aver dovuto spiegare tutto al senatore; deve essere stato un momento davvero difficile. Anche perché inizialmente Bossi chiedeva spiegazioni a Belsito ma lui, invece di ammettere le sue responsabilità, gli diceva che Castelli voleva diventare amministratore al suo posto e per questo lo accusava. Certo i fondi della Lega in Tanzania potevano anche sembrare una barzelletta, invece era tutto vero.

Maroni sapeva?
So che è stato informato sin da subito. Io con lui non ho mai parlato direttamente, ma ricordo di avergli mandato un messaggio per dirgli che la relazione era pronta e di guardarla il prima possibile.

Ma lei perché era a conoscenza della relazione di Bonet? Che ruolo ha avuto nella vicenda e perché?
Per fare una cortesia a un amico, Filippo Ascierto (deputato del Pdl, ndr). Lo consideravo un fratello, non doveva mettermi in questa cosa. Comunque a fine dicembre mi chiama e mi dice che c’è un suo amico, Bonet, che lamenta di essere stato truffato dalla Lega.

Perché chiama lei?
Ascierno sa che ho rapporti professionali con alcuni esponenti del Carroccio, per questo si rivolge a me. Così incontro Bonet nella sede di Andromeda in via Cesi a Roma e lui mi spiega che mentre era in India l’aveva chiamato la banca di Cipro dicendogli di aver bloccato due versamenti: uno di 1,2 milioni di euro fatto personalmente da Belsito, l’altro di 4,5 milioni arrivati dalla Lega. Era preoccupato perché aveva cercato Belsito ma gli diceva di tenerli e aspettare, lui invece voleva liberarsene: “Che me ne faccio se non mi dicono come riceverli e in cosa investirli?”. Aveva capito che Belsito non era affidabile, gli aveva chiesto soldi personali e fuggiva di fronte alle richieste di spiegazioni. Visto che erano soldi della Lega ha deciso di rivolgersi direttamente al partito. Io gli dico di fare una relazione di quanto accaduto e mandarmela che io l’avrei fatta avere in via Bellerio. Così è stato.

Cosa conteneva?
Tutto. L’ho messo in contatto con Castelli, anche lui voleva capire così ho organizzato il primo incontro a Como per fine gennaio e poi altri due incontri al Senato per far sì che Bonet restituisse i soldi e che tutto si risolvesse al meglio. A metà febbraio la questione sembrava risolta. Consideri che con Bonet aveva iniziato a collaborare per alcuni convegni. Il 17 Bonet mi invia una mail in cui mi aggiorna sullo stato dell’arte spiegando che i 4,5 milioni sono rientrati e che la documentazione per chiudere la seconda tranch da 1,2 era prossima alla soluzione. Bonet chiede però di trattenere i soldi anticipati a Belsito: 200 mila euro, di cui 100 mila versati in contanti a dicembre che erano serviti , aveva detto Belsito, per le spese di Bossi.

L’accordo va in porto?
No. Ma io ho sentito l’ultima volta Bonet dopo il secondo incontro in Senato. Mi ha chiamato per dirmi che non era servito a nulla, a quel punto gli ho risposto che doveva vedersela con loro, io non sapevo più come aiutarlo.

Ricorda che giorno era?
Metà marzo. Da allora non ne ho più voluto sapere nulla.

Dopo poche settimane arrivano gli avvisi di garanzia e il suo ruolo di raccordo emerge dalle carte delle procure.
Ripeto: ho solo fatto una cortesia a un amico. Ad Ascierto ho chiesto spiegazioni, ho cercato di incontrarlo e lui mi ha solo mandato un sms dicendomi di stare tranquilla. Tranquilla? Ho preso un’aspettativa non retribuita dal lavoro (ministero sviluppo economico, ndr) per potermi difendere.

Da cosa? Non è indagata.
No e non ho nulla da temere, ma devo tutelarmi con le persone che stimo e conosco personalmente, una su tutte il prefetto Procaccini. L’ho citato in merito a un progetto sulla sicurezza che stavamo organizzando per il Vaticano e la cosa è stata travisata.

Conosce Nadia Dagrada?
No. Ne ho letto sui giornali. Spero tutto finisca bene.

Come aveva detto: con la Lega nelle mani di Maroni?
Guardi, non lo so. Vediamo.

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