Suggerimento al Governo tecnico di un quindicesimo motivo per fare la galleria di base della Nuova Linea Ferroviaria Torino-Lione
Il governo, fra i 14 motivi con i quali ha dichiarato di giustificare la realizzazione del progetto della galleria di base della nuova linea Torino Lione, si è dimenticato di segnalare un quindicesimo motivo: il nuovo record del costo a chilometro, che con questo progetto, sarà conquistato dall’Italia.
In base all’accordo firmato con i francesi il 29 gennaio del 2001 per la tratta internazionale, che nel progetto iniziale aveva una lunghezza di 72 chilometri, di cui 43,5 in Francia e 28,5 in Italia, i due Paesi avevano concordato un apporto paritario di risorse. Nonostante la favorevole condizione accordata, le forti resistenze dei Francesi all’avvio di questa opera furono superate solo dopo la firma di un nuovo accordo siglato il 5 agosto 2004 (Ministro dei trasporti Pietro Lunardi) con il quale l’Italia si faceva carico dei due terzi del costo dell’opera.
Nel 2007, i due Paesi hanno presentato un nuovo progetto preliminare. La tratta internazionale, per la quale hanno chiesto il contributo europeo, attraversa il territorio francese per 45 chilometri (da Saint-Jean-de-Maurienne fino al confine) e quello italiano per 33,4 (dal confine fino a Chiusa S. Michele) con una stima complessiva dei costi pari a 10,4 miliardi di euro. Al netto dell’ipotetico contributo europeo del 40%, e con il contributo italiano di due terzi, il costo a chilometro per la Francia sarebbe stato pari a 47 M€/Km e per l’Italia 123 M€/Km. Su questo progetto però i Francesi, pur firmando la domanda di contributo insieme all’Italia, verbalizzavano il proprio disaccordo sulla ripartizione dei costi per un progetto che si estendeva di più verso l’Italia rispetto al progetto con il quale era stato sottoscritto l’accordo del 2004.
Non a caso nel timing fissato dalla Commissione Europea (decisione C/2008 7733 definitiva) per l’erogazione del contributo veniva esplicitamente richiamata la scadenza del 31.07.2009 per la defizione dell’ “Accordo fra i due Stati”.
Con oltre due anni di ritardo l’accordo è stato sottoscritto il 30 gennaio del 2012, concordando di ridurre la tratta internazionale al collegamento fra Saint-Jean-de-Maurienne e Susa (coincidente con la galleria di base), per un’estensione di 57,1 Km, di cui 45 in Francia e 12,1 in Italia. La ripartizione dei costi viene pattuita con una quota del 57,9% per l’Italia e del 42,1% per la Francia. Ma a fronte di una apparente riduzione dell’impegno italiano, i francesi hanno ottenuto che la tratta di 22,2 Km in territorio italiano (tunnel dell’Orsiera e area di sicurezza di Chiusa S. Michele) fosse stralciata dalla tratta internazionale ed i relativi costi addebitati alla tratta nazionale italiana.
Stante dunque agli accordi assunti, il costo a chilometro per l’Italia, per la tratta italiana della galleria di base, raddoppia rispetto alle previsioni del progetto presentato all’UE: sarà esattamente, sempre al netto dell’ipotetico contributo UE del 40%, di 235 M€/Km (2,85 miliardi per 12,1 Km). Un record sia nel valore assoluto che in quello relativo, stante l’aumento del 236% dell’impegno italiano, rispetto ai 70 M€/Km previsti nell’accordo del 2001.
Grazie al nuovo accordo, alla Francia sarà garantito un’altro record quello del minor costo per la realizzazione di una galleria a doppia canna, che sarà pari a 46 M€/Km (2,07 milioni di euro per 45 Km), con una variazione dell’impegno francese dello 0% rispetto a quello che aveva assunto nel 2001, che era sempre di 46 M€/Km. Con il nuovo trattato i Francesi hanno imposto, giustamente, anche la definizione “Low Cost” del nuovo progetto. Per l’Italia l’accordo è indubbiamente “High Cost”, ma non poteva certo pretendere di mettere in evidenza il proprio record. Chi ha garantito, onore al merito, la continuità ed il risultato di questa straordinaria trattativa per la parte italiana sono stati il capo della “Struttura tecnica di missione per le grandi opere” del ministero delle infrastrutture, Ercole Incalza, ed il “Commissario straordinario per la realizzazione della Torino-Lione”, Mario Virano, entrambi nel loro ruolo dal 2007 ad oggi.
Occorre d’altro canto sottolineare che il record di 235 M€/Km assicurato all’Italia dai due tecnici italiani è calcolato solo sulla base di stime fondate su di un progetto preliminare. La certezza dunque che, nella fase di progettazione esecutiva e di costruzione, molti altri possano condividere e migliorare consistentemente questo valore, è assicurata dalla possibilità di adottare il modello di architettura contrattuale e finanziaria già efficacemente sperimentata in Italia per la realizzazione delle nuove tratte. Modello che, ad esempio, per la tratta Torino-Milano, e solo per le infrastrutture a terra, da un importo di 8,6 M€/km del contratto firmato nel 1991 con il Contraente generale Fiat Spa, ha consentito a TAV Spa di arrivare a spendere 66,4 M€/Km.
Non è inoltre da sottovalutare il fatto che il prevedibile aumento complessivo dei costi, stante la ripartizione percentuale pattuita, la diversa lunghezza delle tratte ed il contributo del 40% europeo necessariamente fisso, si rifletterebbe in modo decisamente più favorevole sul record italiano. Ipotizzando un aumento del solo 100% dei costi della intera galleria di base, cinque volte inferiore a quello registrato per la Torino-Milano, il costo a chilometro per l’Italia salirebbe da 235 a 628 M€/Km, circa il 200% in più.
Alla certezza dell’aumento assicurato dall’istituto contrattuale del contraente generale occorrerà poi aggiungere il costo finanziario dell’investimento necessario. Anche su questo fronte il Trattato italo-francese non esprime alcuna ipotesi ma, anche in questo caso, l’esperienza italiana assicura delle straordinarie possibilità. Ad esempio i soli interessi intercalari per la Torino-Milano hanno registrato un costo pari a 8,6 M€/Km, esattamente il costo inizialmente previsto per la progettazione e la esecuzione di tutte le infrastrutture a terra della intera tratta.
Sul costo finanziario ci potrebbe essere l’ostacolo della nostra Costituzione che, a seguito della recente modifica seguita alla sottoscrizione in sede europea del “fiscal compact”, oggi impone il “pareggio di bilancio”. Anche in questo il Modello Tav ha già dato prova della possibilità di ricorrere, con il cosiddetto project financing, a risorse private tenute fuori dalla contabilità pubblica e che finiranno nel debito pubblico solo dopo che l’opera è stata realizzata.
L’unico rischio per i tecnici che saranno incaricati della governance di questa elusione della norma costituzionale sarà quello già occorso al management di FS Spa, TAV Spa, RFI Spa e Infrastrutture Spa, per il cosiddetto finanziamento privato della Torino-Napoli che al 31 dicembre del 2005 ammontava a 12 miliardi e 950 milioni di euro e che con il comma 966 della finanziaria per il 2007 sono diventati debito pubblico a tutti gli effetti.
Il rischio è quello di una censura della Corte dei Conti, come quella espressa su questo accollo pubblico con una relazione al Parlamento del 2008 nella quale si segnalava che “Le modalità anodine con cui questi debiti vengono assunti lascia intendere che gli effetti sulla distribuzione intergenerazionale delle risorse non siano stati in alcun modo tenuti presenti e neppure calcolati in astratto”. Certo essere accusati di aver fregato le future generazioni è una censura pesante ma, se rimane, come è rimasta questa, senza alcuna conseguenza è un rischio che i tecnici adusi al governo di queste straordinarie architetture finanziarie sono certamente capaci di sopportare.
Lo stesso Trattato italo-francese offre uno spazio straordinario a quanti vogliano dare un contributo in tal senso. A fronte della totale assenza di ipotesi finanziarie e contrattuali che consentano di valutare esattamente quanto e come il record potrà essere migliorato, l’accordo offre un numero straordinario di opportunità. Sono infatti previsti fra Consigli, Comitati e Commissioni almeno 90 posti ben retribuiti, per i quali non ci saranno problemi per trovare tecnici pronti a dare il loro contributo determinante per garantire al record italiano una durata secolare.
Si potrebbe obbiettare che è un record utile per chi misura la convenienza di questa opera solo con il metro degli interessi per l’oggi, ma come potrebbere essere altrimenti con un governo tecnico incaricato di misurarsi con lo “spread” ed il “deficit”. Certo sarebbe importante valutare il record con la misura del “debito” e del “futuro”, ma, secondo quanto ci raccontano, pare proprio che questo orizzonte appartenga ormai solo all’antipolitica e agli anarco-insurrrezionalisti.
Comunque sia, ne riparleremo quando il “debito” ed il “futuro” ci presenteranno il conto.