Nulla cambia (per ora) in Rai, tranne il budget. Il direttore generale Lorenza Lei ha distribuito le cattive notizie: tagli per tutti, 46 milioni di euro che devono saltar fuori dalle reti e dai telegiornali risparmiando sui costi di produzione. Ma i sacrifici non sono uguali a tutte le latitudini, specie confrontando le tre testate dei telegiornali. Il Tg1, che ha un budget annuale di 10,3 milioni di euro, dovrà tagliare 200mila euro. Per il Tg2, che costa 8,2 milioni di euro all’anno, è prevista una diminuzione di 400mila euro. Il Tg3, costo annuale di 6,7 milioni di euro, subisce la mazzata peggiore: 800mila euro.
È LA TESTATA più sprecona, evidentemente: “Al contrario – risponde la direttrice Bianca Berlinguer – siamo sempre stati apprezzati per la precisione con cui abbiamo rispettato il contenimento dei costi. Perché vale la pena di ricordare che già da tre anni ci tagliano il budget: un milione di euro solo l’anno scorso, adesso altri 800 mila euro”. E quindi, che succede a questo punto? La Berlinguer non sembra rassegnata: “Se bisogna tirare la cinghia noi faremo la nostra parte, come sempre. Ma serve uno sforzo equilibrato” dice prima di andare in onda. Senza contare che, per stabilire dove cadranno i tagli, nessuno ha pensato di valutare l’andamento degli ascolti. Il Tg1 è in fase di calo consolidato dalla gestione Minzolini in poi, eppure subisce la decurtazione più lieve (200 mila euro). Il Tg3 viene da una stagione record (memorabile il fattaccio dello scorso novembre, quando l’edizione serale segnò su Rai3 il 18 per cento di share contro il 16 del primo canale) e si vede privato di una somma elevata addirittura al cubo (800 mila euro). Come mai?
“I tagli decisi per il Tg3 sono pari alla somma dei tagli decisi per Tg1,Tg2 e TgR, ma nessuno azzardi interpretazioni maliziose” ha twittato ieri Nino Rizzo Nervo, consigliere dimissionario della Rai. Frecciatina cui ha replicato l’ex direttore di Canale5, Giorgio Gori: “In Rai nuovo piano di tagli da 46 milioni, anche questi per lo più sul prodotto. No interventi strutturali, solo progressivo impoverimento dell’offerta”. In effetti il problema più serio è questo. Le riduzioni non riguardano il personale, cioè non si licenzia nessuno, ma si rende più difficile il lavoro di documentazione. Inviare un giornalista a verificare in loco le notizie, pagare le trasferte per vedere coi propri occhi la realtà, realizzare reportage accurati su argomenti che non hanno successo nel rullo delle notizie quotidiane, diventerà di fatto un lusso poco sostenibile. Più facile sfruttare il precotto delle agenzie, le immagini regalate da chi ha interesse a distribuirle, con tanti saluti alla libertà di stampa e al ruolo del servizio pubblico.
IL TG3, molto mobile sul territorio, pagherà caro il cambiamento. “Ma anche per noi la situazione è gravissima – ha detto ieri il comitato di redazione di Rainews – è in gioco la nostra sopravvivenza: la riduzione di 300mila euro ci porta a un budget annuale di 5 milioni di euro. Di questi, 1,7 vanno spesi in materiali di agenzia. La produzione reale può contare quindi su 3,3 milioni. Cifra che, oltre alle ovvie spese per trasferte, troupe, mezzi per le dirette, va a coprire il pagamento delle maggiorazioni, indispensabili in un canale in onda in diretta 24 ore su 24. Le riduzioni certo non sono dovute alle performance di Rainews, che ha visto aumentare di oltre il 300% i suoi ascolti dal gennaio 2011”.
da Il Fatto Quotidiano del 28 aprile 2012