La moneta è informazione. Immaginate un universo parallelo dove non esistono segreti: tutti sanno tutto di tutti. In particolare si conoscono in ogni istante ricchezza (o patrimonio) e reddito di ogni individuo e impresa.
In tale universo (il nirvana di Befera) non ci sarebbe bisogno di moneta. Infatti se io vivessi in tale universo e volessi acquistare, tanto per dire, un’autovettura, andrei da un concessionario e chiederei quanto costa. Il prezzo non verrebbe espresso in termini di unità monetarie, ma in percentuale del mio patrimonio costituito, ad esempio da quote in varie società, una barca data in prestito a mio cognato, tre ettari di terra arabile, un ettaro di bosco, un chilo d’oro a 24K, sei quadri di Dalì, un appartamento di 100mq, due cuccioli di S. Bernardo, 12 bottiglie di Sassicaia, un frigorifero e un laptop.
Il concessionario mi direbbe che l’auto costa metà di un quadro di Dalì, a sua volta equivalente (in quel momento) alla barca o a mezzo ettaro di bosco, eccetera. Alla fine ci potremmo accordare per 2500mq di bosco e una quota di Enel. In più fornirò entro una settimana una previsione sul futures a sei mesi dei cuccioli di S. Bernardo e sul tasso di conversione tra l’oro e il Sassicaia nel 2015. Quando esco dalla concessionaria con la macchina (non occorre immatricolazione) tutti sanno istantaneamente che il mio patrimonio ora comprende un’auto ma è diminuito di un quarto di ettaro di bosco e delle azioni Enel.
Visto che nel nostro universo l’informazione è imperfetta (e non istantanea) si è instaurato nel tempo un sistema informativo, crudo ma efficace, chiamato “moneta”. Quando entro in un negozio con una banconota da 100 euro sto segnalando che in quel momento sono in grado di trasferire istantaneamente una quota del mio patrimonio pari a circa 50 litri di benzina, oppure un biglietto low cost per Parigi, o ancora 5 sigari pregiati, un paio di scarpe italiane, eccetera. Quel pezzo di carta, in sostanza, costituisce un’informazione affidabile e immediatamente riconoscibile da tutti, sulla quota del mio patrimonio che sono in grado di trasferire all’istante in cambio di un bene o di una prestazione. Ad esempio se scambio la banconota per due camicie effettuo un trasferimento di patrimonio al camiciaio, il quale potrà provare detto trasferimento erga omnes esibendo i 100 euro.
Ora viene la prima questione cruciale: chi garantisce la qualità e la stabilità dell’informazione (e di conseguenza la stabilità dei prezzi)? Se si diffonde l’incertezza su cosa rappresentano 100 euro in termini di benzina, patate, biglietti del cinema o caramelle, le normali transazioni diventano un terno al lotto e poco alla volta l’economia e la vita normale diventano complicate da gestire.
Nei tempi antichi la moneta era metallica (in oro per lo più) e la garanzia sul peso e sul contenuto aureo era affidata alla zecca del sovrano che per questo servizio si faceva pagare un corrispettivo chiamato “signoraggio”. La parità aurea fu abbandonata a Ferragosto del 1971. Lo Stato da quel momento si impegnò a garantire che la quantità di moneta in circolazione non fosse superiore alle necessità del pubblico. Questo significa assicurare un rapporto abbastanza costante tra moneta in circolazione e beni e servizi prodotti e scambiati in un’economia.
In questo regime di moneta fiduciaria lo Stato gode un privilegio rispetto ai privati. Stampa biglietti colorati e paga con essi beni e prestazioni che valgono enormemente di più. La differenza di valore è il signoraggio dei nostri giorni (il signoraggio di cui blaterano complottisti vari invece è un’emerita panzana partorita per imbonire menti confuse). Noi cittadini paghiamo (più o meno consciamente) questo signoraggio (che è in pratica una tassa e pertanto costituisce un introito del bilancio pubblico) perché il sistema informativo incentrato sulla moneta ci rende la vita molto più semplice.
Seconda questione cruciale: i politici sono esposti a una tentazione. Per aumentare proditoriamente le entrate (specialmente sotto elezioni) potrebbero mettere in circolazione molte più banconote di quelle che servono per le normali transazioni del pubblico. In tal caso lo Stato per aumentare gli introiti attraverso il signoraggio causerebbe inflazione, una tassa sui detentori di attività liquide (quasi sempre i meno abbienti), che colpisce risparmiatori e percettori di redditi fissi. In sostanza in un regime di moneta fiduciaria i politici sono in grado di operare un esproprio a danno della collettività senza un voto del Parlamento.
Per eliminare questa tentazione la decisione su quanta moneta mettere in circolazione è affidata alla Banca centrale, un’istituzione pubblica, non sottoposta agli ordini diretti del governo. Non è un’anomalia. Per esempio onde evitare che un ministro nottetempo trasferisca la proprietà di terreni a sodali e parenti, il catasto è indipendente dal potere politico. Analogamente le maggiori banche centrali dopo il 1971 sono state rese indipendenti dai politici nell’implementazione della politica monetaria.
Spero che questa sintetica esposizione sia utile per capire meglio cosa si cela dietro le diatribe sulla monetizzazione ad oltranza del debito pubblico, il ruolo della Bce, i presunti benefici che deriverebbero dallo stampare moneta all’infinito. Una volta distrutto un sistema informativo complesso è molto oneroso e penoso ristabilirlo, come hanno scoperto in Zimbabwe. In buona sostanza una moneta svalutata è un sistema informativo scadente di cui gioiscono gli ebeti perché crea l’effimera impressione di riempire i portafogli, ma a lungo andare non riempie la pancia.