Lo si sapeva ormai da mesi: a luglio Jean-Claude Juncker lascerà la guida dell’Eurogruppo. Oggi, però, il lussemburghese ha fatto alcune dichiarazioni assai esplosive, che giustificano quella scelta, al di là della “stanchezza” ammessa a più riprese dal politico del Granducato e dei suoi problemi di salute. No, se Juncker sloggia, come ha sottolineato al settimanale tedesco Spiegel, è soprattutto perché è “stanco delle ingerenze franco-tedesche”. Non solo: specificando il suo pensiero, il discorso ha preso una piega nettamente anti-Sarkozy. Quasi che Juncker volesse dare un aiutino a François Hollande, il candidato socialista alle presidenziali francesi, a pochi giorni dal ballottaggio.
Juncker lascia dopo mesi di difficili trattative con i Paesi dell’Eurogruppo, composto dai ministri dell’Economia e delle Finanze degli Stati che hanno aderito all’euro, intorno al discusso asse Merkozy, nell’ambito delle politiche contro la crisi del debito. E, in effetti, Juncker è ritornato sul “prodotto” più importante di quell’alleanza tra Berlino e Parigi, il fiscal compact, l’accordo europeo sul pareggio di bilancio, da raggiungere in tempi strettissimi. E ha ribadito come debba essere integrato da misure per la crescita: da “risposte risolutive concrete contro la crisi”.
Insomma, sembra di sentir parlare Hollande, che durante tutta la campagna non ha fatto altro che ripetere lo stesso ritornello: se sarò eletto, rinegozierò il fiscal compact in un’ottica meno rigorista e con più attenzione alla crescita. Quanto a Juncker, allo Spiegel ha voluto specificare che l’esigenza su cui insiste Hollande “è vera, anche se non nuova”. Ha pure toccato l’altro argomento scottante, gli eurobond, così tanto osteggiati da Angela Merkel. E che Sarkozy non è riuscito mai a farle digerire. Ebbene, secondo Juncker (e anche in questo caso sembra di ascoltare Hollande) la loro introduzione “è solo una questione di tempo”, anche se devono essere inquadrati “in un contesto di regole molto rigide”. Per il lussemburghese sono la logica conseguenza di una maggiore integrazione europea. La condivisione di un problema (il debito) fra tutti gli Stati.
E in un certo senso è proprio quest’ottica europeista stile anni Novanta, totalmente comunitaria ad animare Juncker, che, premier del suo Paese (con competenza anche per l’Economia) dal lontano 1995, è presidente dell’Eurogruppo già dal 2005. Puro prodotto della tradizione cristiano-sociale del Lussemburgo, Juncker fu negli anni Novanta uno dei principali e più convinti sostenitori del trattato di Maastricht. E uno degli artefici diretti in particolare della parte riguardante l’Unione economica e monetaria. Chi lo sostituirà alla guida dell’Eurogruppo? Lui un’idea ce l’ha: Wolfang Schaeuble, il ministro tedesco delle Finanze. “Ha requisiti eccezionali per un ruolo che richiede una grande capacità di ascoltare gli altri” ha detto Juncker. Un tedesco e non un francese. Lo abbiamo capito: Juncker ha il dente avvelenato più con Parigi che con Berlino.