Claudio Marchiandi era stato condannato in primo grado nell'ambito del processo per la morte del giovane in carcere. Il padre di Stefano: "La procura, con questa impostazione accusatoria, ci sta portando al massacro. Speriamo nel processo principale"
Il funzionario penitenziario Claudio Marchiandi, condannato in primo grado nell’ambito del processo per la morte di Stefano Cucchi è stato assolto in corte di Appello, perchè il fatto non sussiste. Il dipendente del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap), nel primo processo svolto con il rito abbreviato aveva ricevuto una pena a due anni di reclusione, il 25 gennaio del 2011 dal gup Rosalba Liso per le accuse di favoreggiamento, falso e abuso d’ufficio.
Marchiandi, poi, per l’accusa, avrebbe “concorso alla falsa rappresentazione delle reali condizioni di Stefano Cucchi (attraverso il falso certificato medico redatto dalla dottoressa Rosita Caponetti, imputata nel processo principale assieme ad altre undici persone, ndr) così determinandone l’ingresso al Pertini, che non sarebbe stato altrimenti possibile in alcun modo”. Con questa condotta il funzionario del Prap avrebbe aiutato i tre agenti della polizia penitenziaria, accusati di aver pestato Cucchi nella cella di sicurezza del tribunale, a eludere le investigazioni della procura.
Il collegio d’appello, però, assolvendo Marchiandi, ha recepito le argomentazioni difensive dell’avvocato Oliviero De Carolis che ha commentato: “Ovviamente siamo soddisfatti di quanto deciso. La corte d’appello ci ha ascoltato e ha saputo valutare tutto con serenità. Rispettiamo questa sentenza come quella di primo grado. In ogni caso, il nostro auspicio è che la magistratura riesca ad accertare la verità sul decesso di Cucchi. Lo dobbiamo anzitutto a lui stesso”.
“L’assoluzione di Marchiandi ci amareggia molto ma non ci sorprende affatto. I nostri legali ci avevano già avvisato: la procura, con questa impostazione accusatoria, ci sta portando al massacro. Contestando questo tipo di imputazioni, stanno uccidendo di nuovo nostro figlio”. E’ il commento dei genitori di Stefano Cucchi, presenti al processo d’appello del funzionario. “Ovviamente rispettiamo quanto deciso dai giudici di appello – ha precisato Giovanni Cucchi, il papà – e adesso non ci resta che sperare che nel processo principale (a carico di tre agenti della polizia penitenziaria e 9 tra medici e infermieri dell’ospedale Sandro Pertini, ndr) la perizia sia equilibrata e utile per accertare la verità”.
L’11 aprile scorso, la corte d’Assise (davanti alla quale sono imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria) ha disposto l’affidamento di una maxi perizia medico-legale per stabilire le cause della morte. Il prossimo 7 maggio ci sarà la nomina dei periti e il conferimento ufficiale dell’incarico.
E’ ancora più chiara la sorella di Cucchi, Ilaria: “I pm ci stanno portando al massacro come il nostro avvocato aveva previsto un anno fa. Questo accade quando si vogliono dare contentini e non verità. Noi abbiamo sperato nella conferma della condanna di colui che ha fatto in modo che Stefano, ferito, venisse nascosto agli occhi di tutti e soprattutto ai nostri occhi, facendolo ricoverare al Pertini. Ma il nostro avvocato ci aveva avvisati. All’udienza preliminare si è rivolto ai pubblici ministeri dicendo queste precise parole ‘cambiate il capo d’imputazione, la famiglia Cucchi non vuole contentini ma solo verità e giustizia’. Infine si era girato verso di loro dicendo ‘Non portateci al massacro. Vedete tutti questi valenti avvocati? Ci faranno a pezzi con questo capo d’imputazione'”. “Noi siamo normali cittadini che pagano le tasse e rispettano la legge. Abbiamo chiesto alla procura di avere copia della fonoregistrazione di quell’intervento per farlo ascoltare ma ci è stata inspiegabilmente negata. Comprendiamo questa sentenza che era stata prevista anche dal nostro avvocato”.