Male non fare, paura non avere. Si difende, rivendica, tiene duro. Rosi Mauro, senatrice ed ex leghista dopo l’espulsione dal Carroccio per il pasticciaccio brutto di Belsito&co, al Giornale racconta la sua verità. Fatta di “migliaia di chilometri e di comizi” in tutti questi anni di partito, “ci sono le foto, eppure sembra che io abbia incominciato solo da quando Bossi è stato male nel 2004”. La “pasionaria”, diventata nelle ultime settimane la “terrona”, dopo lo scandalo dei soldi della Lega usati per i “costi della famiglia Bossi”, multe dei “ragazzi” incluse, e anche per la sua istruzione, è uscita da quello che ancora viene chiamato “cerchio magico”. E se si fosse dimessa dalla vice presidenza di Palazzo Madama, come le era stato invano, chiesto chissà: “Avessi avuto i poteri magici che mi attribuiscono, forse non ci troveremmo in questa situazione” dice.
Del resto per ora l’unica a pagare con l’espulsione, oltre all’ex tesoriere Francesco Belsito indagato da tre procure, è stata lei che in alcune intercettazione dà istruzioni. “Io dei conti privati non so nulla. Ma – spiega – se si riferisce al SinPa, ebbene sì: la Lega lo finanziava, persino la Lega lombarda lo ha finanziato. A volte con più e a volte con meno soldi. Come tutte le altre associazioni padane. E allora?”. Ma non solo. Rosi dice con orgoglio che i soldi nelle casse leghiste sono anche un po’ suoi: “La verità sono oltre 2mila euro al mese moltiplicati per 10 anni, per esempio. Da quando ero consigliere regionale, come tutti gli eletti leghisti, ho versato la mia quota al partito. Quindi intanto chiariamo che nei soldi della Lega ci sono anche i nostri. E poi la verità è che io per anni non ho preso nemmeno lo stipendio dal SinPa. Di più: ho vinto un paio di cause, una da 30 e da 50 milioni di lire, che ho speso per il SinPa”. E la terrona continua a versare la sua quota, dice: “Sono stata eletta con loro. Io non sono una traditrice”.
Eppure ha anche lei ha investito negli ormai famosi diamanti: “Ho investito i miei soldi dove ho ritenuto opportuno. Ho scelto anche i diamanti perché l’euro non era conveniente. Come tanti altri”. Belsito, per esempio, che ha fatto rientrare quelli e anche i lingotti. Un affare privato, quindi, sostiene, “con Belsito erano solo valutazioni: a cena se ne parlava spesso. Era prima di Natale, si era appena insediato il governo Monti, e chi aveva qualche soldo in banca iniziò a domandarsi che farne, per non farseli mangiare tutti”. «Con Belsito ho discusso spesso, lo trovavo poco preciso, dispersivo. Ma resto incredula. Del resto, ripeto: non avevo ruoli dirigenziali. Chi li aveva, forse avrebbe potuto accorgersene e agire. Comunque, guardi. Sulla ’ndrangheta alzo le mani: sono allibita. Ma la cartella Family mi fa ridere: secondo lei un parlamentare ha bisogno di fare truffe per pagarsi le spese mediche? Ma per favore”. Anche a chi le contesta nepotismo e di aver favorito il suo body guard la senatrice dà una risposta e propone una domanda: “Mia nipote ha 34 anni. Lavora con me da quando ne aveva 18. E con ciò? Lo sapete voi giornalisti che così rovinate le persone? Anche Pier”. Già Moscagiuro, con cui le è stata attribuita anche una presunta liason, “è stato scritto che era assunto alla vicepresidenza del Senato, e invece lui è un agente di polizia presso l’ispettorato del Senato. Quando non sarà più il mio capo scorta, dopo questo fango, che cosa farà? Vede, è questo che mi fa schifo. Le mezze verità trasformate in trame oscure, e usate ad arte per costruire una realtà ambigua, e falsa”.
Dell’ex ministro dell’Interno, armato di ramazza che continua a invocare pulizia, non può che dire male. “Ecco, Maroni. Anche lui improvvisamente si è accorto che sono terrona e vuole un capo al SinPa davvero padano. Che schifo. Schifo è la parola che ripeto di più in questi giorni. Non ne trovo altre”. Della rabbia che l’ha travolta dice: “Io vedo meschineria, invidia, cattiveria”. E poi sulla scuse del Senatur agli elettori leghisti a Bergamo, dice: “Ho provato rabbia e fastidio, non dimenticherò mai quella scena: Umberto che si commuove e quell’altro con la ramazza…”. I rapporti con Bossi non si sono interrotti: “Mi ha mandato a dire che ho fatto bene a fare lo stesso la Batelada, perché quando soffia il vento, bisogna tenere. Questo farò: barra dritta!”. Per questo non si è dimessa: “Sarebbe stata un’ammissione di colpevolezza, e io non ho fatto nulla di male. Mi hanno detto: così potrai difenderti meglio. Ma da che cosa? Da due che parlano male di me al telefono? Davvero può bastare questo a far cadere chi ricopre ruoli istituzionali? Sembra di esser tornati a Tangentopoli. O c’è qualcosa a mia insaputa, oppure…. Ma si rende conto che non c’è nulla, nulla di illecito che io abbia fatto? Mia madre diceva: male non fare, paura non avere. Io vado dritta per la mia strada. Mi disse (Bossi, ndr): ti daranno della poltronara. Io ho risposto: fosse vero, a pochi mesi dalla fine della legislatura avrei cambiato casacca. Invece no”.