Il bello di vivere a Bologna è che la città offre ancora un casino di lavori “creativi” dai nomi sibillini tipo giournalist, accaunt, ueb desainer, grafic strapugnetter dairector, pi er ov nazing ivents, grtis profesionist, sleiv stegist, comunicheitor bat not nokia, organaizer ed samzing, lavori che mica li possono fare tutti, lavori che gli inglesi avrebbero sintetizzato in una parola sola: impiegato.
No, non è una questione di capacità, anzi; ci sono persone condannate a grigie scrivanie o a torni multicolori che hanno creatività da vendere, ma per un mero discorso di pilla non svolgerebbero mai una professione delle tipologie menzionate, perché sanno che più il lavoro se la tira di essere “creativo”, meno viene pagato.
Tipico esempio è quello dove c’è il cliente che chiede un lavoro “creativo col compiuter”, tu gli dici quanto gli costerebbe una roba del genere e questo ci rimane male perché gli chiedi dei soldi e certe volte si offende pure, dicendoti che il figlio dodicenne del cugino di un suo amico gli costerebbe molto meno.
È probabile che abbia ragione, ma perché allora non è andato direttamente da ’sto cinno a chiedergli di realizzare ’sto lavoro col compiuter?
Poi ci sono le “paghe” per andare a suonare dal vivo nei locali della Bologna del dopolavoro o per fare i digei durante gli aperitivi, ma questi non sono considerati dei mestieri seri, sono solo degli obbi e se ti pagano devi pure baciarti i gomiti.
Una volta mi contatta un direttore di una rivista cartacea incartapecorita che mi fa: «Ah, bello il blog “Lo spettro della bolognesità” lo leggo sempre (era già chiuso da almeno tre mesi n.d.r.) , ah, bello il libro sugli umarells, che figata, che idea geniale, sei bravissimo, perché non scrivi per il nostro giornale, così avrai maggiore visibilità, maggior prestigio… Dai dai, dimmi di sì».
«Perché no, mi piacerebbe tantissimo collaborare con voi, okei, si può fare. Quanto mi pagate ad articolo?».
Silenzio da cornetta.
«Ecco, il fatto è che al momento non so se riusciamo a pagare i nostri editorialisti, in futuro forse ci riusciremo».
«Scusa, ma dici così anche con l’idraulico?».
«Non ho capito».
«Dicevo… Quando ti arriva l’idraulico a casa gli dici che al momento non lo paghi?».

«E che c’entra?».
«C’entra, c’entra… Pensaci».
«Beh, va be’, fammi sapere».
«Sì, sì… Ti farò sapere».€
«Pensaci, mi raccomando, è un’occasione per te».
Tu tu tu tu…
Non se ne fece mai nulla.
Peggio per lui. 

Brutta storia le professioni “creative” , lo ha capito benissimo il mio amico Pietro che l’altro giorno l’ho beccato su Scaip e mi fa: «Ciao Maso, ho cambiato mestiere, ora faccio idraulica e climatizzazione, insomma il fontaniere. Ho un amico che lo fa da anni e sono andato a bottega da lui come artigiano, fra tre anni posso firmare gli impianti; è dura, ma la notte dormo più tranquillo. Ho cambiato perché c’è troppa concorrenza al ribasso e facevo fatica a farmi pagare. Fatture che aspettavano mesi, chissà com’è ma l’idraulico lo paghi subito e il web master l’anno dopo. Bona lé con tutta questa incertezza. E poi ti dirò che mi piace anche. E dopo due mesi guadagno già di più!».
Chissà come andrà a finire.
Auguri Pietro, ma leggo già un commento di #INDIVANADOS a questo post «Ma vaffanculo Maso. Io son laureato in sociologia dei fenicotteri e sono disoccupato da quattro anni, è uno scandalo. In Italia non si trova lavoro. Anche la mia ragazza che è laureata in scienza della comunicazione con master in “Tuitter contro Godzilla” è messa come me. Anzi peggio, si è pure rotta un piede l’altro giorno che è andata a un barcamp a Grenoblll dove si faceva anche il Bangi Giamping. Io voglio la crescita. Qui abbiamo di nuovo lo spredd a 400, ma te ne rendi conto? Io domani scappo e vado a lavorare all’estero dove ci sono più opportunità. Cosa c’entra Pietro?»
C’entra, c’entra… Pensaci.

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