Nel giugno del 2009 un articolo del Wall Street Journal accusò Nokia Siemens Networks (NSN) di aver fornito alle autorità iraniane una tecnologia in grado di individuare in rete gli attivisti che manifestavano contro la dittatura. Il software, attraverso l’uso di Deep Packet Inspection – un sistema di filtraggio dei pacchetti dati –, permetteva alle autorità iraniane di raccogliere informazioni sui singoli dissidenti e sulle loro comunicazioni via web e quindi di incarcerarli e torturarli.

Da parte sua, la Nokia Siemens Networks si affrettò a smentire sostenendo che un simile software non esisteva, e che in realtà il sistema di monitoraggio era in grado di intercettare solamente le conversazioni telefoniche. Ne seguì una campagna di boicottaggio dei prodotti Nokia promossa da alcuni blog. Negli Stati Uniti un gruppo di attivisti iraniani si spinse oltre, denunciò l’azienda sostenendo la tesi secondo la quale il produttore degli strumenti tecnologici utilizzati per commettere atti criminali è corresponsabile di quegli atti.

Sui regimi dittatoriali che fanno affari o traggono, direttamente o indirettamente, profitto da nebulose joint venture multinazionali è fiorita una letteratura che va dalle classiche spy story a vere e proprie opere di denuncia, come quelle che, tanto per fare un esempio, costarono la vita allo scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa.

Qui da noi quest’anno è uscito un romanzo molto particolare, la cui storia ruota proprio intorno ai legami segreti che intercorrono tra una piccola società di comunicazione con sede a Roma e una multinazionale della repressione. Si tratta dell’opera prima di Daniela Ranieri, romana, classe 1977, che porta un titolo derivato dalla seconda elegia duinese di Rainer Maria Rilke, Tutto cospira a tacere di noi (editore Ponte alle Grazie).

Il romanzo racconta la storia d’amore tra Luigi Trevor, il membro di un gruppo sovversivo informatico, e Arianna, la donna che ha occupato prima di lui la postazione di lavoro nella società di comunicazione presso cui Trevor viene assunto. Arianna è scomparsa nel nulla dopo aver scoperto le infide connessioni criminali che legano la società di comunicazione a lontane realtà dittatoriali. I due non si incontrano mai, se non nel cosmo immateriale delle testimonianze, degli appunti, delle pagine di diario che Arianna ha lasciato nel suo computer.

Ne scaturisce una sontuosa raffigurazione di un mondo piccolo e meschino, quello delle aziende in cui si parlano linguaggi settoriali, gerghi che diventano vere e proprie chiavi di accesso sociali, in cui il sorriso dei manager è più freddo di un hardware, in cui il precariato non è solo una condizione contrattuale, ma assume i contorni di una solitudine mentale, dell’inutilità, della routine.

Scritto con un linguaggio sorprendente e ricchissimo, spesso ironico e irridente, pieno zeppo di riferimenti intertestuali a grandi capolavori della letteratura universale, quello di Daniela Ranieri è un romanzo inclassificabile, che affronta il tema cospiratorio tipico di tanta letteratura postmoderna preferendo però puntare l’attenzione sulla parte apparentemente meno intrigante, quella delle anime sole, minute, schiacciate dai grandi flussi affaristici e finanziari della storia. Una lettura a conti fatti tragica di un mondo, quello contemporaneo, che si fonda sul marketing più sfacciato e sullo sfruttamento delle intelligenze migliori di una generazione.

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