No ai privilegi alle pensioni dei top manager della Pubblica Amministrazione. Il governo viene battuto al Senato su un emendamento dell’Italia dei Valori, Lega e Pdl, presentato in forma identica. E l’esultanza è trasversale. Il raid tripartisan ha permesso di abrogare un articolo del decreto sulle commissioni bancarie, che conteneva la norma a favore delle pensioni dei manager pubblici. I favorevoli sono stati 124 (Idv, Lega e Pdl), i contrari sono stati 94, 12 gli astenuti. Tra i “ribelli” all’esecutivo anche sette senatori del Partito Democratico, tra cui Paolo Giaretta, coordinatore delle commissioni economiche del Pd in Senato.
L’articolo cancellato integrava un comma del decreto Salva Italia che imponeva un contributo di solidarietà per gli stipendi dei manager pubblici oltre i 300.000 euro annui. L’articolo stabiliva che questo “taglio” di stipendio era ininfluente ai fini della definizione della pensione per la parte calcolata con il metodo retributivo. “Questo articolo – aveva spiegato in aula il sottosegretario Claudio De Vincenti – fa sì che i dirigenti della Pubblica amministrazione che hanno già maturato i requisiti di pensionamento, che volontariamente prolungano la loro attività, al momento dell’andata in pensione avranno l’assegno calcolato sulla situazione maturata al 22 dicembre 2012”. L’articolo non comportava oneri per la finanza pubblica e il governo lo aveva inserito nel decreto sulla commissioni bancarie per evitare possibili ricorsi, alla luce di precedenti sentenze della Corte costituzionale in tema previdenziale.
”Il governo è stato battuto con l’approvazione in Senato dell’emendamento dell’Italia dei Valori per la soppressione della vergognosa norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grand commis di Stato – dice il capogruppo in commissione Giustizia di Palazzo Madama, Luigi Li Gotti – .Non si può pensare alle pensioni altissime prima della soluzione del dramma degli esodati. Il governo ottusamente ha dato il parere contrario al nostro emendamento che ha ottenuto 124 voti favorevoli, 94 contrari e dodici astenuti. Una vittoria dell’etica della cosa pubblica sugli interessi della casta di privilegiati”. Stesso tenore nelle parole del leader Idv: “E’ indecente e immorale che mentre si chiedono immani sacrifici alle classi sociali più deboli, non si taglino le pensioni d’oro e i privilegi della casta. Oggi il governo è andato sotto nell’Aula del Senato sul nostro emendamento per la soppressione di una norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grandi manager di Stato. Mentre il governo continua a fare orecchie da mercante sul problema degli esodati, spendendosi a parole e mai con i fatti, allo stesso tempo – sottolinea Antonio di Pietro – continua a favorire i potentati economici. L’Italia dei Valori prosegue la sua battaglia all’insegna della trasparenza e dell’equità sociale”.
“Esprimo grande soddisfazione per gli emendamenti approvati oggi dal Senato che confermano il taglio delle pensioni d’oro dei manager pubblici. Sarebbe stato curioso che il tetto massimo stabilito per i loro compensi non avesse avuto conseguenze sulle importanti pensioni che andranno a percepire – dice l’ex ministro Pdl Giorgia Meloni – Appare, però ancora più curioso che anche questa volta la politica sia dovuta intervenire per garantire la tanto decantata equità rispetto ai provvedimenti adottati da questo Governo”. Anche Rifondazione Comunista festeggia: ”Il governo è stato battuto in aula al Senato su un emendamento in materia di pensioni: bene, un plauso – dichiara Paolo Ferrero, segretario di Rc -. Ora, a proposito di questo tema, mettano subito un tetto a tutte le pensioni pari a 5mila euro al mese, inclusi i cumuli pensionistici”. Per il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, “l’abrogazione della norma del governo che puntava a salvare le pensioni dei manager della P.A. è sicuramente una buona notizia perché contribuisce a riaffermare un minimo livello di equità in questo paese. Non c’è infatti davvero nulla di equo – continua Cantone – nel garantire una super-pensione ad uno sparuto numero di alti dirigenti mentre milioni di persone che hanno lavorato duramente per 40 anni e che oggi hanno un reddito da pensione medio-basso si sono visti ingiustamente bloccare per sempre la rivalutazione annuale. E’ giunta l’ora che il Parlamento si occupi dei pensionati italiani meno fortunati dei manager e che non sono di certo tra i tanti che hanno pensioni dorate adoperandosi per sostenere il loro potere d’acquisto, che è ormai ridotto al lumicino tra tasse, tariffe, prezzi e un costo della vita divenuto davvero insostenibile”.
Se non è allarme per il governo al Senato, che resta senza maggioranza su questo emendamento che forse non verrà ripresentato, poco ci manca. L’esecutivo, infatti, aveva espresso parere contrario. Alla fine il risultato è che nei 124 voti a favore ci sono moltissimi senatori Pdl (come pidiellina è la senatrice che non era presente in aula e che non ha ritirato il proprio emendamento) che si sono aggiunti ai leghisti, facendo esultare Roberto Castelli per il ritorno della vecchia maggioranza. L’astensione è stata scelta da Api-Fli per il Terzo polo. Il senatore Pdl Antonio Battaglia spiega così la situazione: “E’ un segnale chiaro per l’esecutivo, qui ci sono imprenditori che si suicidano ogni giorno mentre le banche che prendono soldi all’un per cento non aiutano l’economia. Cosi” non si va avanti…”. Il governo non ha ancora deciso se ripristinare alla Camera il comma soppresso. “E’ ancora presto per stabilirlo” ha detto il sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vicenti. A spulciare i tabulati delle votazioni si scopre. Sono stati 72 i senatori del PdL, sui 95 presenti, che hanno votato contro le indicazioni. Tra gli “indisciplinati” c’è anche il capogruppo Maurizio Gasparri. La relatrice al decreto Simona Vicari (Pdl), aveva dato parere negativo agli emendamenti abrogativi, ma al momento del voto, dopo l’intervento di Giacomo Caliendo, la maggior parte del gruppo del Pdl (72) ha votato l’emendamento, silurando l’articolo.