Poteva essere una bella occasione quella del governo tecnico, per il terzo settore. Dopo anni di recriminazioni verso i governi precedenti, rei di aver mortificato il contenuto e le finalità della nostra presenza all’interno del tessuto sociale italiano, si poteva e doveva ripartire da zero. Smarcandoci finalmente da logiche di affiliazione e prossimità con il potere politico, di cui anche il nostro settore è profondamente intriso, per riaffermare professionalità che ci rende un fattore fondamentale nella definizione delle politiche pubbliche.
Dopo quasi un semestre di governo tecnico, dobbiamo sinceramente riconoscere che non siamo stati capaci di compiere questo salto, culturale e negoziale. Rimaniamo un settore altamente autoreferenziale, troppo impegnato a risolvere i nostri problemi di rappresentanza interna ed incapace quindi di incidere in maniera significativa al livello più alto. Valgano i due esempi sotto ad illustrare la situazione.
Il Governo Monti ha istituito un Ministero per la Cooperazione Internazionale (e l’Integrazione), affidato ad Andrea Riccardi. Per molti mesi vi è stato un conflitto interno (nemmeno troppo sopito) tra Riccardi ed il Ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata per definire responsabilità e competenze sulle politiche di cooperazione. Tutti noi a supportare l’uno o l’altro, anche in base ai nostri network di riferimento (entrambi infatti sono coinvolti – più o meno direttamente – in Organizzazioni Non Governative). Noi sugli spalti a fare il tifo, perdendo di vista l’obiettivo primario: quale idea ha questo governo della cooperazione internazionale? Siamo usciti dal precedente governo con una cooperazione affiancata a strumenti di promozione commerciale dell’Italia all’estero: cosa ne pensa questo nuovo governo? Si continua su questa strada o si torna ad una cooperazione maggiormente focalizzata sullo sviluppo umano e sociale? E chi, se non un governo tecnico, può finalmente promuovere la tanto attesa riforma della cooperazione, aggiornando una legge vecchia di 25 anni (c’era ancora il muro di Berlino) ed istituendo un’agenzia tecnica per la cooperazione internazionale, come hanno fatto tutti i paesi civili che investono in quest’area (Germania, Norvegia, Danimarca, Inghilterra, Canada, Giappone etc..)?
Secondo esempio: l’Agenzia per il Terzo Settore. Questo governo l’ha soppressa, passando le sue competenze al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Sollevazione popolare, ci stanno scippando uno dei nostri massimi organismi di rappresentanza ed indirizzo! Lasciamo perdere il fumo e concentriamoci sull’arrosto: siamo noi i primi a reclamare per la pletora di authority, commissioni ed enti che popolano il nostro Belpaese, giusto? Ma quando ci toccano il nostro giocattolo, altolà! In realtà, lasciando da parte il giudizio sull’operato dell’Agenzia (composta da ottimi professionisti), il tema è un altro: siamo convinti che il nostro sia un settore strategico per il presente e futuro dell’Italia? Si. Benissimo. Ed allora, da un punto di vista politico, ben venga l’idea che tale settore non vada presidiato da un’Agenzia costituita ad hoc, ma faccia parte del mandato ordinario del Ministero. Concettualmente, è esattamente ciò che tutti chiediamo a gran voce alle istituzioni: non trattateci come una riserva indiana, ma come un elemento costituente della vostra programmazione politica. Quindi, invece che protestare, lavoriamo per approfittare di questa occasione, riempiendo di contenuti e proposte l’agenda del Ministero, ora che vi siamo entrati.