"La crisi dell'Europa è soprattutto politica. Dobbiamo rilanciare la crescita, è un interesse per tutti i Paesi, per evitare drammatiche conseguenze. E poi senza la crescita neanche il debito pubblico potrà essere ridotto"
Anche lei ha guardato il dibattito tv di ieri sera. “Mi sembra abbia consolidato la distanza tra Hollande e Sarkozy, a favore del nostro candidato”, osserva Elisabeth Guigou, socialista da sempre, collaboratrice fin dall’inizio, dal lontano 1981, di François Mitterrand presidente, ministro a più riprese. Rifiuta, però, qualsiasi trionfalismo: “Non ci voglio credere, fino alla fine, fino allo spoglio dell’ultima scheda elettorale”. Promette da ora a domenica di continuare a fare del porta a porta, “passare da una casa all’altra, a dire di votare Hollande, nella mia circoscrizione elettorale” Che è quella della periferia Nord di Parigi, tra Aubervilliers e Pantin, zone d’immigrati e di disagio sociale. “Devo convincerli”. La Guigou sembrava scomparsa. Eccola qui, di nuovo. A combattere. Proviamo a parlare male con lei di François Hollande.
Sarkozy dice che con Hollande presidente i conti pubblici francesi si deterioreranno ancora. Cosa ne pensa?
E’ un’assurdità. Hollande non fa altro che ripetere che vuole portare il nostro Paese a un pareggio dei conti nel 2017. E che il suo obiettivo è far votare dal Parlamento un piano finanziario pluriennale, il prossimo ottobre, che definisca nei dettagli anno dopo anno il raggiungimento di quell’obiettivo. Dice che limiterà la lievitazione di deficit e debito pubblici. Che globalmente non aumenterà il numero dei dipendenti dello Stato. Insomma, smettiamola di dire che è uno spendaccione. E’ propaganda elettorale, della parte avversa.
Dicono anche che la sua elezione rappresenterebbe un “problema europeo”, porterebbe a uno scontro con la Germania della Merkel…
Altra assurdità. Vuole solo completare il patto del fiscal compact con delle misure che stimolino la crescita. E credo che su questo punto in Europa ormai siano praticamente tutti d’accordo.
Lei è stata otto giorni fa a Roma, emissaria di Hollande: anche li’ sono d’accordo?
Ho incontrato a lungo Enzo Moavero, ministro degli Affari europei. E l’ho trovato molto, molto interessato alle nostre idee. Una di queste riguarda l’introduzione a livello europeo di una tassa sulle transazioni finanziarie, la tobin tax. Crediamo che possa alimentare, almeno in parte, un aumento del budget comunitario, per realizzare investimenti comuni, a livello dell’Unione. Dovremmo puntare sui project bond per realizzare progetti precisi, comunque finanziati solo in parte da fondi pubblici ma anche dagli investitori privati. Dobbiamo rilanciare la crescita, è un interesse per tutti i Paesi, per evitare drammatiche conseguenze politiche e soprattutto sociali. E poi senza la crescita neanche il debito pubblico potrà essere ridotto.
E di Mario Monti cosa pensa?
Lo conosco da molto tempo. Ho una grande stima per lui, lo sanno tutti. E poi è riuscito ad avere in Italia il sostegno praticamente di tutte le forze poltiche, questo è importante.
Ma non è un uomo di destra?
E allora? Se Hollande vincerà, mica lavoreremo solo con i Governi di sinistra… E poi l’Italia è un Paese chiave per l’Europa. Hollande vuole proprio uscire da questo faccia a faccia al quale si sono confinati Sarkozy e la Merkel. Vuole fare come Mitterrand: dialogare con tuti, l’asse franco-tedeszco deve essere solo un motore propulsivo.
Lei, all’inizio degli anni Novanta, era ministro francese responsabile dell’Europa. Fu una dei più accaniti artefici del trattato di Maastricht. Che atmosfera si respirava a quel tempo?
Si aveva la sensazione che l’Europa andasse avanti con decisione, con slancio. C’era molto ottimismo. E tutti allora hanno dato il proprio contributo, anche l’Italia. Non ho paura a dirlo, anche grazie a Giulio Andreotti e a Bettino Craxi si sono fatte allora determinate conquiste.
E ora, non prova delusione?
Diciamo che a quei tempi c’era un’Europa a 15 e ora, invece, siamo in 27. E’ più complicato. E poi oggi per tutti esiste l’impellenza a ritornare alla crescita. Diciamo che in questo momento altre riforme istituzionali, che pure auspicherei, non sono possibili. Bisogna aspettare: prima la crescita, poi il resto. Ma non bisogna perdere di vista una visione globale, un obiettivo generale, che per me resta la necessità a raggiungere un’Europa più politica. Dobbiamo capire che anche la crisi dell’euro è stata una crisi politica”.