Ripoli, paese dell’Appennino attraversato dalla Variante di Valico, il tratto di autostrada che nei progetti deve aggiungersi al tratto di A1 tra Bologna e Firenze, si prepara a un piano di evacuazione nel caso la frana si muova un po’ più del dovuto. Piano che prevede suoni di allarme delle campane in caso di emergenza. “La gente deve sapere che cosa fare se una soglia viene superata. È una questione sulla quale la popolazione va coinvolta”. I tecnici del Cnr e dell’Ispra venuti da Roma su invito del prefetto di Bologna, Angelo Tranfaglia, hanno emesso oggi il loro verdetto sulla vicenda del paesino appenninico messo a rischio dagli scavi di una galleria per la Variante di valico. Un verdetto che non mette uno stop ai lavori, ma che riconosce una volta per tutte che la frana è causata da quei lavori. Per questo la sentenza degli esperti impone una serie di prescrizioni prima di andare avanti a perforare. Tra queste quella della creazione di un sistema di allarme, una sorta di piano d’evacuazione per i ripolesi, che permetta ai cittadini di capire come muoversi in caso di improvvisi smottamenti.
Per prima cosa dunque il documento dei tecnici riconosce che la frana prima dell’inizio degli scavi non si era mossa. “L’analisi delle serie storiche di deformazione (…) ha evidenziato come l’area della frana interessata dalla frana antica di Santa Maria Maddalena non abbia subito movimenti nel periodo compreso tra il 2003 e il 2010”, spiegano consegnato oggi nelle mani di Tranfaglia da Fausto Guzzetti, direttore del Irpi-Cnr.
Gli otto fogli, firmati anche dal presidente dell’Ispra, Bernardo De Bernardinis, evidenziano il legame tra l’accensione delle perforatrici e la riattivazione della frana. “Nel periodo 24 aprile 2011 – 1 aprile 2012”, gli studi hanno evidenziato “come le deformazioni misurate in superficie e in profondità siano congruenti e riconducibili alla sovrapposizione di deformazioni indotte dall’avanzamento dei fronti di scavo nelle due canne”. In poche parole “lo scavo (…) ha prodotto un disturbo (detensionamento) dell’ammasso roccioso”.
Inoltre se dal 12 febbraio 2012 alcune frane si sono riattivate a causa dello scioglimento della neve, lo studio evidenzia che negli anni passati “seppure vi siano stati eventi piovosi e di fusione della neve (…) non si ha notizia di (ri)attivazioni di porzioni estese del versante”. Come dire che la neve ha semplicemente facilitato un movimento rimesso in moto quest’anno dagli scavi del tunnel.
Ma sono le conseguenze di queste affermazioni a far tremare i polsi. A spiegarle è lo stesso Guzzetti nel vertice di ieri pomeriggio in cui era presente lo stesso Gennarino Tozzi, condirettore generale per lo sviluppo della rete di Autostrade per l’Italia. “È del tutto possibile che il prossimo anno o fra dieci anni ci siano delle frane, nella zona interessate da vicino dagli scavi la probabilita’ è maggiore. Quantificare questo e dire se siamo oltre un livello di rischio accettabile è impossibile”, ha ammesso Guzzetti. Insomma se, come si legge nel documento inviato al prefetto, molti fattori portano a “escludere con un buon grado di affidabilità la possibilità di un crollo catastrofico e repentino dell’intero versante”, questo non dovrebbe troppo tranquillizzare. “L’apertura e l’eventuale rapida propagazione di un sistema di fratture che interessi uno o più edifici (…) può provocarne l’instabilità parziale o totale, causando crolli delle (o nelle) abitazioni”.
Per questo i tecnici di Ispra e Cnr raccomandano che sia creato un vero e proprio “sistema di protezione civile che descrive nel dettaglio il complesso delle azioni da attuare in caso di superamento delle soglie”. Potrebbe esserci, come ammette lo stesso Guzzetti, anche la predisposizione di segnali sonori: “una campana” d’allarme vera e propria.
Il documento inoltre segnala più volte la poca completezza degli studi sinora condotti: “il modello geologico tecnico del versante risulta poco accurato”, e questo “influenza l’affidabilità delle possibili previsioni”. Infine un avvertimento ad Autostrade: a breve arriveranno dei punti critici. Uno potrebbe essere al chilometro 7,125, dove pare ci sia presente una faglia o un sistema di fratture. “Tale condizione potrebbe favorire maggiori afflussi d’acqua in profondità e in galleria determinando condizioni di scavo ed effetti superficiali peggiori rispetto a quelli incontrati in precedenza”. Alla società dei Benetton si chiede inoltre che si adottino “diverse strategie di scavo” per “ridurre gli effetti di disturbo”.
Il sit in dei ripolesi. Intanto, mentre in prefettura si teneva il vertice, i cittadini del piccolo borgo di montagna sono scesi in città per protestare contro gli scavi di quella galleria. Erano una quarantina, soprattutto anziani (la maggioranza in paese), ma anche qualche giovane che non ci sta a perdere la propria casa. È stata la prima volta che sono scesi in così tanti in città. Al vertice non sono stati convocati. Qualcuno, come la giovane Karin, è scesa in strada perché vorrebbe qualcosa di più che il semplice salvare la pelle. Vorrebbe salvare anche la casa e il suo paese: “Provassero loro che cosa significa la paura di perderla”.