Antonio Di Pietro “contro” Silvio Berlusconi. In un’aula di Tribunale. Quella di Milano in cui si celebra il processo per la pubblicazione dell’intercettazione tra Piero Fassino, all’epoca era il 2005 segretario dei Ds, e Giovanni Consorte, numero uno di Unipol, “Allora abbiamo una banca”. Fu il leader dell’Italia dei Valori, nell’autunno del 2009 e oggi teste, a denunciare quello che da settimane Fabrizio Favata, un imprenditore che avrebbe voluto vendere la storia dell’intercettazione non depositata agli atti dell’inchiesta della scalata Unipol alla banca Bnl e ragala a Mister B., andava raccontando ai giornalisti. Poi Favata, accompagnato da una cronista, incontrò e raccontò tutto a Di Pietro. Che alla seconda occasione prese appunti su un foglio di carta giallo, di quelli che “si usano come sottopiatti” in un bar a due passi del Pantheon. Appunti “a mo’ di verbale” risponde Di Pietro al pubblico ministero, l’aggiunto Maurizio Romanelli. Berlusconi e suo fratello Paolo, editore de Il Giornale su cui fu pubblicata la conversazione, sono imputati per quello scoop illecito. Il leader del Pdl risponde in concorso per rivelazione del segreto d’ufficio, il fratello anche per millantato credito e ricettazione. I processi primi distinti sono stati riunificati.

“Favata mi raccontò che consegnò la pen drive a Silvio Berlusconi e che Silvio Berlusconi se la tenne” spiega Di Pietro sottolinea come avesse chiesto più volte a Favata questo particolare. Importante se si considera che nella ricostruzione della Procura, che per l’ex presidente del Consiglio aveva chiesto in un primo momento l’archiviazione, il Cavaliere la sera di Natale del 2005 apparve “appisolato” durante l’incontro ad Arcore per ascoltare l’intercettazione. Alla riunione per fare un regalo al presidente da cui si aspettavano un regalo con Paolo Berlusconi c’erano Favata e Roberto Raffaelli, titolare della Rcs research control sistem, la società che aveva in appalto le intercettazioni della Procura. Nel salotto di villa San Martino fu ascoltata intercettazione e l’allora premier apparve a Favata che poi raccontò a Di Pietro “molto soddisfatto. Berlusconi si tenne la pen drive e se ne andarono contenti di essersi ingraziati il presidente del Consiglio” continua l’ex pubblico ministero di Mani Pulite. “Poi uscì sul giornale e furono contenti. Dopo la prima pubblicazione ci fu un tam tam, trasmissioni televisive e man man che montava erano soddisfatti di aver fatto un gran favore. Fu Paolo Berlusconi a fargli sapere ‘mio fratello Silvio è molto contento, è a vostra disposizione‘”. Ma la riconoscenza non arrivò. E chi sperava come Raffaelli di ottenere entrature in Romania per esportare il business delle intercettazione nello futuro Stato Ue, rimase deluso. 

Di Pietro ricostruisce così come incontrò Favata e come decise di presentare la denuncia. “Nella seconda metà di settembre la giornalista Claudia Fusani mi disse che un certo Fabrizio voleva parlarmi. Mi raccontò i fatti a voce in un incontro alla Camera dei deputati. Appena saputi questi fatti e mi sono recato alla locale Procura della Repubblica. Erano informazioni sommarie, ma a mio avviso potevano avere rilevanza penale. Era un dovere come cittadino anche se non avevo capito perché era venuto da me. Mi consegnò anche dei documenti. L’8 ottobre 2009 sempre la giornalista Fusani mi disse che Favata voleva incontrami”. Nel bar romano Di Pietro verbalizzò la storia di Favata. “Raccontava sostanzialmente tre fatti. Il primo la illecita acquisizione, anche se lo valuterete voi, del contenuto di una intercettazione Fassino Consorte, la consegna a piùsoggetti e la successiva pubblicazione. Poi la dazione di denaro. La terza questione società gli storni di pagamenti di fatturazioni”. La dazione, secondo il racconto di Favata oggi raccontato da Di Pietro, sono i circa 40-50 mila chiesti da Paolo Berlusconi, con cui c’era stati rapporti di lavoro, per far ottenere gli appalti in Romania alla Rcs. Versamenti che sarebbero continuati per mesi. L’affare andò male. “Favata si sentiva tradito perché non aveva ottenuto quello che gli era stato promesso. Diceva di essere alla canna del gas, era disperato, mi mostrò pure una bolletta non intestata. Dopo aver fatto tanto diceva di essere stato abbandonato, proprio quando ne aveva bisogno. Ricordo una frase di Favata – dice Di Pietro –  quando gli chiesi a chi l’hai consegnata la pen drive? L’ho fatta sentire a Silvio Berlusconi e l’ho consegnata a Silvio Berlusconi”.

E proprio Fabrizio Favata, che in un procedimento separato è stato condannato a quattro anni e due mesi, è stato sentito in aula. Quando Berlusconi ascoltò la frase “allora, abbiamo una banca?” rivolta da Piero Fassino a Giovanni Consorte, “sbarrò gli occhi. Era vigilissimo“. Davanti ai giudici della IV sezione penale del Tribunale, Favata ha ricostruito la serata del 24 dicembre 2005: “Silvio Berlusconi si scusò con noi e disse che era molto stanco. Per questo avrebbe chiuso gli occhi durante l’ascolto ma sarebbe rimasto vigile…”. E così fu visto che appena l’intercettazione riecheggiò nel salotto della villa il Cavaliere si rianimò.  Favata, come ha appunto raccontato Di Pietro, sostiene che la pen drive con l’intercettazione venne consegnata nelle mani di Silvio Berlusconi che, al termine dell’incontro,”ci ringraziò e disse di essere a nostra completa disposizione per qualsiasi cosa, che la riconoscenza della famiglia Berlusconi andava al di là di qualsiasi immaginazione…e questo – dice Favata con una ironia – l’ho provato sulla mia pelle”.  

Favata ne ha anche per il fratello dell’ex premier che fece da intermediario e che chiese soldi per “ungere le ruote” e permettere alla società di intercettazioni di inserirsi nel mercato romeno. ”Con le buste di contanti io salivo al secondo piano di via Negri e le consegnavo a Paolo Berlusconi nel suo ufficio” dice l’imprenditore. Nell’ambito della “operazione Romania”  l’editore del Giornale “mi presentò a Roma l’onorevole Valentino Valentini”. Poi dopo quell’incontro “Paolo mi disse che si poteva andare avanti nell’operazione, ma c’erano spese da sostenere”, 40 mila euro al mese dal maggio-giugno 2005 all’aprile 2006.  L’allora premier “sapeva perfettamente la ragione dell’incontro, non credo ci avrebbe ricevuto il 24 dicembre se si trattava di un aperitivo”. Dopo aver ascoltato “il nastro che durava una decina di minuti il premier commentò e ironizzò con noi su quelle parole” tra l’allora leader dei Ds Fassino e Giovanni Consorte, all’epoca alla guida di Unipol. Favata, come ha aveva spiegato Di Pietro in aula, ha anche confermato che la pen-drive venne “consegnata da Raffaelli a Silvio Berlusconi”. Poi, ha concluso, “ho pensato che l’avesse persa, perché dopo qualche giorno Paolo Berlusconi ce ne chiese un’altra copia”. E il 31 dicembre 2005 Il Giornale uscì in prima pagina con la famosa intercettazione “Allora, abbiamo una banca?”.

 

 

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