Ieri, in Senato, il Governo è stato battuto quattro volte su altrettanti emendamenti al decreto legge sulle commissioni bancarie.  

Può succedere, non è la prima né sarà l’ultima volta che un Governo viene battuto in una delle camere su emendamenti magari di importanza minore.

L’interessante, che invece fa notizia, è che uno degli emendamenti aveva poco o nulla a che vedere con le commissioni bancarie perché trattava materia di pensioni dei dirigenti di Stato; in particolare uno degli emendamenti proposto da Lega Nord e appoggiato da Italia dei Valori, ma votato anche da oltre 70 senatori del Pdl, ha soppresso il comma di un articolo, sul quale il Governo aveva espresso parere favorevole, che manteneva trattamenti pensionistici privilegiati per i dirigenti pubblici che avevano subito una riduzione delle retribuzioni nell’ambito dei tagli alla spesa pubblica; in pratica il comma soppresso avrebbe consentito per questi dirigenti, il calcolo della pensione basato integralmente sulla retribuzione precedente alla riduzione.

Dunque, quello stesso Governo che, con grande rigore e determinazione, in materia previdenziale ha eliminato la indicizzazione delle pensioni superiori a 1.500 €/mese, che afferma per bocca del suo Ministro del Lavoro di non avere risorse per tutelare gli esodati generati dalla riforma delle pensioni, che ha istituito il metodo contributivo pro rata per tutti i lavoratori a far data dal Dicembre 2011, che continua a richiedere la ricongiunzione onerosa a coloro che hanno contributi in due diverse casse previdenziali dello Stato, dà parere favorevole al mantenimento di una norma che salvaguarda i dirigenti pubblici relativamente al loro trattamento pensionistico.

Mi astengo dal fare commenti superflui e non incito al mal comune mezzo gaudio; rilevo la differenza. Ciascuno si faccia liberamente la propria idea.

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