Triste primato per Helder Ornelas, fondista portoghese che ha corso i 5mila metri alle Olimpiadi di Sidney 2000 e la maratona a Pechino 2008. E’ il primo atleta trovato colpevole di violazione del regolamento antidoping grazie all’analisi del suo passaporto biologico. Oggi è stato squalificato per quattro anni dalla Federazione Mondiale di Atletica (Iaaf), invece che i consueti due per la prima infrazione, perché sono state considerate delle “circostanze aggravanti”. Ornelas, la cui carriera a 38 anni era comunque prossima al termine, ha deciso di non ricorrere in appello al Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas). La Iaaf, dopo che nel maggio 2011 ha rilevato dei valori anomali nel sangue dell’atleta, ha disposto, insieme alla federazione portoghese, una serie di controlli. Un pannello composto da tre esperti medici ematologi ha esaminato il materiale e concluso all’unanimità che non vi fosse una spiegazione naturale di un tale cambiamento ematico, se non l’uso di sostanze dopanti da parte dell’atleta portoghese. Oggi la sentenza di squalifica.
“Il passaporto biologico non è un concetto campato per aria – ha dichiarato Lamine Diack, presidente della Iaaf – Ma un metodo effettivo ed efficace per identificare e mettere fuori chi bara e pensa che il doping sia l’unica strada per il successo”. La federazione di atletica non ha rivelato quali siano le sostanze proibite assunte dall’atleta portoghese, ma ha confermato che si è giunti alla squalifica grazie ai campioni di sangue collezionati durante il periodo tra dicembre 2009 e agosto 2010, quando anche l’atletica mondiale ha deciso di adottare il passaporto biologico: un profilo genetico dell’atleta grazie al quale sono monitorati nel lungo termine i cambiamenti dei valori ematici. Una volta realizzato un test-base del sangue di ogni atleta, questi campioni ematici servono poi come riferimento per gli altri esami. Il passaporto in sé non rileva la presenza di sostanze dopanti, indica solo un’anomalia che potrebbe suggerirla. Quando sono riscontrate variazioni anomale nei valori base, come quella riscontrata nel maggio 2011 per Ornelas, l’atleta è messo sotto inchiesta per individuare la causa dell’alterazione e, nel caso non sia possibile collegarla a cause naturali, è squalificato per aver infranto le leggi antidoping.
Introdotto per la prima volta nel ciclismo nel 2008 grazie a un accordo tra l’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) e l’Unione Internazionale Ciclisti (Uci), prevedeva il prelievo durante l’anno – nei periodi di competizione e in quelli di riposo, in controlli annunciati o a sorpresa – di sei campioni di sangue e urine che andavano a costituire il profilo biologico dell’atleta. All’epoca fu così presentato dalla Wada: “Il principio fondamentale è che si basa sul monitoraggio a lungo termine delle variazioni dei valori biologici, piuttosto che sull’individuazione diretta della presenza di sostanze dopanti. Dato che gli effetti delle sostanze proibite rimangono nel corpo più a lungo delle sostanze stesse, le variazioni riscontrate sul lungo periodo sono di maggiore aiuto nell’individuare la violazione delle regole anti-doping”. Introdotto nell’atletica leggera per la prima volta ai Mondiali di Daegu nel 2011, sarà in vigore anche alle prossime Olimpiadi di Londra. La Iaaf, per rendere il passaporto biologico un deterrente ancor più efficace nella lotta al doping, ha anche confermato che opterà per una squalifica di quattro anni, invece che due, per tutti gli atleti i cui valori risulteranno sospetti.